"La signorina Else" di Arthur Schnitzler

“La signorina Else” di Arthur Schnitzler

Recensione di “La signorina Else” di Arthur Schnitzler.

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A volte, leggendo un romanzo, capita di perdersi e venire letteralmente risucchiati in un vortice di intense emozioni, dimentichi di noi stessi. Che succede? La letteratura prende il sopravvento sulla vita reale: è questa la magia della scrittura. L’opera di Schnitzler, La signorina Else, pubblicata nel 1924 ancora esercita questo potere.

Else è una giovane di diciannove anni, figlia di un illustre avvocato, appartiene alla borghesia viennese ed è stata cresciuta in vista di un matrimonio convenientemente agiato.

La ragazza è in vacanza con la zia a San Martino di Castrozza, quando si consuma il suo dramma interiore: una lettera della mamma la sconvolge, il padre rischia la bancarotta.

Il romanzo si apre in medias res, con un dialogo tra Else e il cugino Paul mentre giocano a tennis. Lo scambio di battute è esemplare per capire l’atmosfera e il significato profondo della vicenda: Du willst nicht mehr weiterspielen Else? Nein Paul, ich kann nicht mehr. Adieu. Paul le chiede come mai non voglia continuare a giocare ed Else risponde che non può più. Anticipando di poche pagine ciò che accadrà, la ragazza ha un presentimento: da questo momento in poi ben altre priorità la terranno occupata. L’incipit simboleggia il passaggio prematuro dalla spensierata adolescenza all’età adulta. Questa strana sensazione, ben presto si trasformerà nel peggiore degli incubi: toccherà a lei, giovane donna, salvare la famiglia. Else dimostrerà quel coraggio e quel buon senso che mancano ai suoi genitori; dovrà esporsi e umiliarsi, scenderà a compromesso, accettando un ricatto infamante.

Else è orgogliosa del proprio corpo: bella non sono, ma interessante sì. Il corpo di Else, così giovane e fresco, diventa merce di scambio, un oggetto che ha un prezzo in società e lei capisce ben presto che dovrà vendersi per ottenere la salvezza della famiglia. Spalle magnifiche, le mie – dice guardandosi allo specchio – Per chi le ho, in fin dei conti, queste spalle magnifiche? Sono il tipo da rendere un uomo molto felice. Proprio quelle spalle soavi e delicate, si devono sottrarre agli sguardi ammirati dei corteggiatori per umiliarsi sotto il peso di grandi responsabilità.

Else è la narratrice del proprio dramma, e la sua mente è il punto di vista privilegiato; adottando la tecnica del monologo interiore, Schnitzler ci mostra da vicino, o meglio dall’interno, gli stati d’animo della protagonista.

Nel turbinio di sentimenti che si affacciano alla sua mente, si assiste partecipi ma impotenti al lento e inesorabile naufragare di ogni sogno. Else dà prova di una grande tempra da eroina romantica e mostra slanci emotivi presi in prestito dalla letteratura francese: l’ammirazione per l’Abbé Prévost, le fa esclamare “io ti salverò”, rivolta al padre.

Il dramma si svolge in poche ore dalla partita di tennis pomeridiana al dopocena, quando viene riaccompagnata in camera priva di sensi. Il tempo scorre in modo incalzante in una spirale di eventi ed emozioni contrastanti che sconvolgono l’animo di Else e si susseguono senza respiro fino all’epilogo.

La scena madre ha luogo nella sala di musica mentre stanno eseguendo il “Carnaval” di Schumann.

Il  brano si inserisce nella scrittura con tre partiture; probabilmente lo scrittore, discreto pianista, cede a un tocco autobiografico. Il componimento rappresenta una festa in maschera cui partecipano diversi personaggi presi in prestito dalla commedia dell’arte italiana: Arlecchino, Florestano, Colombina, Pantalone. Ognuno di essi incarna un diverso aspetto della personalità umana. I vari tipi che si avvicendano nel ballo potrebbero rinviare all’animo straziato della ingenua Else. Non si può non leggere la scelta del “Carnaval” come la metafora di una società ipocrita che vive di apparenze nascondendo la sua perversa natura corrotta.

Al teatro di falsità borghesi fa da contraltare la natura di montagna splendida e incontaminata: è una serata stupenda, l’aria è come champagne, ma non appena arriva la lettera foriera di brutte notizie l’incanto è spezzato, e diventerà una serata sepolcrale.