Conversazione con Andrea G. Pinketts

Conversazione con Andrea G. Pinketts

Bella chiacchierata tra Cinzia Alibrandi e il grande scrittore milanese Andrea G. Pinketts.

Eccomi con lo scrittore, e amico, Andrea G. Pinketts, dove “G” non sta per “grande”, che ci starebbe pure benissimo, ma per “genio” ed è frutto non di un abile ufficio stampa ma dell’inventiva del più eclettico e folle autore italiano.

Insomma si è così definito – e come dargli torto? – per sottolineare che ci sono gli scrittori, poi ci sono gli eclettici e fuori razza, quei geni e sregolatezza che svirgolettano fuori dal coro, anzi visto che qui si parla di scrittori e di carta, fuori dalle righe.

Sei sul pianeta Marte, perché ti devo posizionare tra i marziani perché non ti si conosca, e presenti un tuo romanzo: quale scegli e cosa dici di te al verde auditorio?  

Non metterei piede sul pianeta Marte, dove non sono conosciuto non me ne frega niente di andarci, non mi incuriosisce, e poi a me di verde piace solo il pistacchio! Io sono piuttosto da Luna, perché lunatico e lunare, o da Sole perché solare e mi piace volentieri bruciarmi. Riguardo al libro, io non ho un libro preferito, come la maggior parte degli scrittori, qualunque mio libro è riconoscibile a me, sono convinto che ogni autore scriva tanti capitoli, sia pure diversi, dello stesso libro, solo così è riconoscibile e apprezzabile. Allora scelgo “L’assenza dell’assenzio” che poi significa l’assenza del libro stesso, anche perché è introvabile, dunque assente dal catalogo Mondadori!

Ti ricordi il primo tema che un insegnante di italiano ti ha consegnato dicendoti che era scritto benissimo? 

Non ricordo i temi di scuola, ma un mio pensierino della scuola elementare, che mi fu successivamente ricordato, a tema libero, che recitava così Stanotte ho passato la notte in bianco, anzi in grigio, perché ho in parte dormito!.Quindi avevo un assoluto senso delle sfumature prima che quella zoccola scrivesse le sue Cinquanta sfumature di grigio!

Cosa è per te tua madre, l’unica donna che ami da sempre e costantemente.

Mia madre oltre ad essere uno dei personaggi meglio riusciti dei miei libri, è sicuramente una ex crocerossina, una ex medico, una ex tutto, ma non ha mai smesso di essere una mamma. Dunque non sarà mai una ex mamma, vive e lotta insieme a noi come Che Guevara, è una donna straordinaria, fuori dalle righe, e io la amo tantissimo, mi è indispensabile, è una figura assolutamente deliziosa, anche se a volte ingombrante. Quando sono nato invece di chiedere all’ostetrica se fossi sano chiese «è elegante?».

Dove scrivi e quando? Per te esiste il metodo, o solo l’ispirazione fulminante o entrambi perché alla fine il mestiere dello scrittore è un’attività da esercitare con regolarità e rigore come qualunque altra? 

Per me esiste il rito, e non ritengo che quello di scrivere sia un mestiere, con tutto il rispetto per quelli che fanno qualsiasi mestiere. Mestieranti sono gli scrittori che pubblicano libri, non quelli che, come me, li scrivono con il “senso della frase”. Prevalentemente scrivo nello spazio “Pinketts” a me dedicato alle “Troittoir”, con una Mont Blanc, un sigaro Avana tra le dita, un calice di birra schiumante accanto, e nella testa una bella ragazza a cui pensare.

Tu sei amatissimo e umilissimo. E, lasciamelo aggiungere, voluto bene da tutti, eppure il mondo dell’editoria è molto difficile. Qual è il tuo segreto o la tua ricetta? 

In realtà credo di essere molto amato perché voglio molto bene alle persone. E credo che questo sia avvertibile. Non esiste la ricetta, se no sarei Benedetta Parodi, persona amica e deliziosa, cosa che si dice infatti di un dolce, e nel suo caso ci sta benissimo! Amo profondamente gli altri, e nello stesso momento, anche quando ho profondi risentimenti e indignazioni li esprimo, e per questo li risolvo e non diventano mai rancori.

Pinketts e le donne. Tu hai proprio una corte. Eppure non ti sei mai sposato: lo escludi a priori o ‘mai dire mai’ e potrebbe succedere? 

In realtà sono infelicemente fidanzato con una persona che amo da morire con cui non andiamo sempre d’accordissimo e alle volte litigo furiosamente. Il matrimonio l’ho sempre considerato come qualcosa di religioso o di civile: io non sono particolarmente religioso e neanche tanto civile, dunque non è per me praticabile!

Mi dici qualcosa su “Mistero” e questa trasmissione seguitissima che da anni ti vede tra i protagonisti? 

“Mistero” è stata una trasmissione per me importantissima: mi riconoscono per strada, e specie i ragazzi mi identificano con essa, mi gridano “Mistero” invece di salutarmi. Ho creato pure neologismi, come in Umbria il termine “provincialieni”. Su tutto, ho nobilitato il lapislazzuli, che molti non sapevano neanche cosa fosse, con il famoso slogan “non sono mica lapislazzuli”, con cui commentavo in puntata. In altre occasioni ho avuto a che fare con pesci siluri spacciati per pesci alieni, anche se sono più dannosi i pesci siluri, a sé, agli altri e agli operatori televisivi.

Tu e gli amici: qui a differenza del “gentil sesso”, sei molto costante. Noi siamo amici da anni e posso testimoniare la tua qualità nell’essere amico. Cosa significa per te l’amicizia?

L’amicizia per me è virile, ha a che fare con l’epica, è pure un po’ western. Le amicizie tra donne, sono più friabili, vaginali, umorali, dunque spesso destinate a crollare. Le mie durano anche con le donne, perché le tratto allo stesso modo degli uomini, pure con loro ho amicizie cazzute, virili, dunque durano a lungo.

Sei un “titolista” famoso nell’ambiente editoriale, pure a me hai titolato ben tre romanzi. Mi titoli il libro più incredibile, cioè la stessa tua vita? 

In realtà l’ho già fatto sempre, dunque ogni mio titolo, sia di romanzo o racconto, si presta a questo e potrebbe essere un mio epitaffio, o il titolo di una mia autobiografia. Ogni mio titolo è infatti profondamente presente nel diventare un mio eventuale epitaffio. Allora vorrei citare una mia frase, pronunciata a seguito di un episodio realmente accadutomi, che è esemplare della mia vita e potrebbe definirmi. ‘Troppi rischi, troppe donne, troppi whiskies: un solo Pinketts”.

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Lo saluto e ringrazio mentre ride rumorosamente. Dopo tira una boccata dal suo sigaro fumante, e solleva al contempo il boccale di birra momentaneamente dimenticato. 

Pinketts mi consegna così l’istantanea indimenticabile da affiancare alle preziose pagine dei suoi imperdibili romanzi.

Cinzia Alibrandi – Milano 13 Aprile 2015