Di tradimenti e impennate: "Prima che tu mi tradisca" di Antonella Lattanzi

Di tradimenti e impennate: “Prima che tu mi tradisca” di Antonella Lattanzi

Recensione di “Prima che tu mi tradisca” (Einaudi) di Antonella Lattanzi.

libro_lattanzi

Per fortuna i libri non hanno data di scadenza. Così accade di avere qualcosa da dire a proposito di un libro letto mesi prima e pubblicato ancor più mesi prima. E se un libro ha questa capacità e questa forza, be’, allora è un libro di cui vale la pena parlare.

Se poi è un libro che con il tempo gioca, ci balla e gli fa fare voli, salti e piroette, ancor più azzeccato sarà parlarne come fosse uscito ieri, come fosse un quasi classico, testimonianza scritta e viva di un decennio, di una città, delle sensazioni di un sud rude e di personaggi che si incidono nella memoria.

Tutto questo è Prima che tu mi tradisca di Antonella Lattanzi (Einaudi Stile Libero). Sin dal titolo allocutorio è chiaro quanto stretti ci terremo: noi, l’autrice, le due protagoniste, Bari, il Petruzzelli, e poi Roma, i viaggi di andata e, ancor più, quelli di ritorno. Ed è proprio questa la sensazione che accompagna il lettore durante il viaggio con Prima che tu mi tradisca: di stare stretti tra le stradine di Bari vecchia; di stringere forte Michi sullo scooter mentre corriamo per Japigia; di sentirsi soffocare tra le quattro mura dell’appartamento dei genitori di Michi e Angela J, anche quando poi Angela J non c’è più e si potrebbe stare più larghi, ma così non è; di stare troppo attaccati al sudore della gente che guarda il Petruzzelli bruciare.

antonella-lattanzi-prima-che-tu-mi-tradisca-einaudi-finalsita-premio-città-di-subiaco-2014

Per raccontare bene le storie di questo romanzo, si stringe sulla lettura anche la lingua, le parole di Antonella Lattanzi avviluppano e, a volte, soffocano, quando nei lunghi periodi perdiamo la strada e ci stringiamo ai pronomi per ricordare esattamente chi è che ci sta parlando. Perché Prima che tu mi tradisca è un continuo saltare tra voci narranti, tra tempi verbali – ma sta succedendo ora?, o è forse un ricordo, sarà magari un sogno o immaginazione pura – tra le due città del racconto, Bari e Roma, e tra pezzi di un puzzle che si tinge di tinte scure sin dall’inizio.

Che non verremo traditi dal romanzo lo capiamo sin dall’incipit: 1943, Bari, uno di quegli eventi che la storia dimentica spesso di trascrivere nei suoi manuali. È il due dicembre 1943 e lo strascico di una guerra che si crede chiusa porta a Bari il bombardamento del porto da parte dell’areazione tedesca. Tra le navi ormeggiate, un’americana carica di bombe all’iprite, gas tossico. In quel momento, il padre di Michela e Angela J viene alzato al cielo dalle mani della sua superstiziosa nonna convinta sia un bambino maledetto.

Antonella Lattanzi ripercorre la storia di Bari a partire da quel 1943, attraversa il 1991 con l’incendio del Petruzzelli, racconta del sud di quegli anni, quegli anni ’90 che volevano dire “topini” impavidi che tengono in scacco le strade, e l’arrivo dell’eroina nelle vite personali e pubbliche; ma sono gli anni anche di due adolescenze: quelle di Michela e Angela J e della loro scoperta della vita e della città. Ad aiutarci a scoprire questi luoghi, non solo la storia di una sparizione improvvisa, quella della bella e brava Angela J, ma anche il dialetto, gli accenti sapienti che guidano il lettore non barese, la ricostruzione dello stupore davanti allo scontro tra le fitte stradine di Bari vecchia e le grandi arterie dei quartieri nuovi, che in quegli anni ’90 crescevano come funghi con i loro palazzi mastodontici.

Antonella Lattanzi non ci tradisce. Ci guida, ci spintona, ci trascina nelle sue corse tra luoghi, personaggi, trama e lingua. E ci avviluppa, tenendoci strettissimi tutto il tempo, ché se dovesse impennare a una ruota, mentre le stiamo attaccati alla schiena sul motorino, non cadremo di certo.

COP_Lattanzi_Prima_che_tu_mi_tradisca