Stampare il Medioevo? “La ricerca della felicità” di Severino Boezio

Stampare il Medioevo? “La ricerca della felicità” di Severino Boezio

Spunti a partire da “La ricerca della felicità” di Severino Boezio, volume fondamentale ripubblicato nel 2011.

Il Medioevo è un periodo lunghissimo, tanto lungo da durare circa mille anni e da avere una periodizzazione piuttosto oscillante (non accade a pensarci che con pochissime altre epoche storiche), quando inizia? Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente? Allora potremmo definire Agostino d’Ippona, morto nel 430, cioè più di trent’anni prima della disfatta romana un autore appartenente alla canonicità classica latina piuttosto che argentea e medievale; eppure, sarebbero in molti a storcere il naso, come, del resto, in molti non sarebbero d’accordo nel pensare il Medioevo finito solamente nell’anno 1492 quando Cristoforo Colombo scopriva l’America e a Firenze era già morto da mesi l’uomo simbolo della rinascita culturale italiana: Lorenzo il Magnifico.

Insomma, il periodo è così lungo che a pensarci pochi mesi o una decina d’anni non possono avere un gran peso ma una risposta non categoriale deve esserci: quando ha inizio il Medioevo? Se procediamo per logica, la risposta andrebbe, in effetti, ricercata cercando di considerare un periodo di inizio abbastanza lungo in modo da poter comprendere appieno la lenta distruzione delle istanze sociali, politiche ed economiche della cultura romana, istanze che lo scheletro dell’Impero aveva tentato, invano, di preservare mentre al loro posto si costituiva una nuova identità, un nuovo regno, per dirla breve, un nuovo sistema.

Tra gli ingegni indagatori del nuovo, che conservarono per discendenza, educazione e costume, un piacevole gusto antico è da annoverare Severino Boezio, nato intorno al 480, discendente di una famiglia antica nobiltà, riuscì ad arrivare alle più alte cariche politiche sotto il regno del re barbaro Teodorico, fino a un’improvvisa e tragica caduta in disgrazia, caduta che lo porta alla prigionia e alla condanna a morte, eseguita, nel 525. Frutto dell’esperienza di prigionia e del suo lungo periodo oscuro  ̶  ma testimonianza anche dell’auto-indagine della propria coscienza di letterato e peccatore  ̶  fu la scrittura del De philosophiae consolatione, prosimetro  in cinque libri, che ha per motivo principale l’ingiustizia riservata al giusto coltivatore e amatore (in parte smarrito) della Filosofia: un’opera importantissima che sarà una delle fonti stilistiche della Vita Nova dantesca e pietra miliare della morale petrarchesca nei Rerum  vulgarium fragmenta (il Canzoniere) e non solo. Plauso, quindi, per la Marsilio editore che sceglie di pubblicare (e nella sola selezione risiede la nota dolente) il terzo libro della consolatio titolandolo, un po’ arbitrariamente a dire il vero, La ricerca della felicità (2011, pp. 174, 14 euro). Vorremmo parlare di ciò che non c’è riguardo questo volume, cioè gli altri quattro libri, ma ci accontentiamo di elogiare la traduzione leggera ed elegante di Marco Zambon, reo di coniugare una prosa puntuale a una versificazione in traduzione degna di un poeta neolatino (a. e. pp. 114-115):

Huc omnes pariter venite, capti,

Quos fallax ligat improbis catenis

Terrenas habitans libido mentes:

Haec erit vobis requies laborum,

Hic portus placida menens quiete,

Hoc patens unum miseris asylum.

Venite qui tutti insieme, voi prigionieri

che con lacci detestabili incatena la falla

passione, abitatrice delle menti mortali.

Questo sarà il riposo alle vostre fatiche,

questo il porto che resta in tranquilla pace,

questo il solo rifugio aperto agli sventurati.

Si noti la capacità di trasformare i dimostrativi latini in un’anafora tutta italiana, senza distinzione di genere, mantenendo una deliziosa sonorità, e tematicamente, si apprezzi il bel riferimento alle passioni terrene, che fanno emergere i dettati petrarcheschi (debitore, in realtà, di Boezio per più questioni).

Discreto anche l’apparato di note (pp. 141-170), capace di rimediare alla mancanza dei libri precedenti con brevi accenni ai libri mancanti e ottimo commento di passi topici, come accade per l’ultima composizione metrica al cui tema della discesa agli inferi tutta mentale è dedicato un ampio spazio.

In definitiva, un libro che si consiglia soprattutto per iniziare a esplorare un mondo, poi non così oscuro, come il Medioevo, un’era che, piccolo orgoglio nazionale, ha avuto grandissimi filosofi proprio in Italia: nazione che dovrebbe risplendere anche per l’ingegno finissimo di Severino Boezio e dei suoi simili.

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