Atala e Madame Bovary, due  anime a confronto

Atala e Madame Bovary, due anime a confronto

In questo articolo si mette a confronto la tragica fine di due personaggi femminili della letteratura francese ottocentesca: Atala, la pellerossa cristiana protagonista dell’omonimo racconto di Chateaubriand, e la celeberrima Madame Bovary.

Dopo una breve introduzione che servirà a contestualizzare le opere nel quadro storico-letterario del Romanticismo, con rapidi confronti tra le due eroine, mi soffermerò in particolare sulla scena più  drammatica, quella che ne descrive la morte.

François-René de Chateaubriand scrive Atala nel 1801, ma non lo concepisce inizialmente come un racconto autonomo: Atala doveva in origine far parte di una vasta epopea dedicata a una popolazione di nativi americani sterminati dai colonizzatori; nel 1802 verrà poi incorporato nell’opera Le Génie du Christianisme, che difende la religione cristiana dalle critiche rivoltele dagli illuministi e mostra come il cristianesimo abbia ispirato grandissime opere d’arte.

Una cinquantina d’anni più tardi, nel 1857, viene pubblicato Madame Bovary.

Sia Atala che Madame Bovary incontrano subito il favore del pubblico: il primo per la seduzione esercitata sui lettori da luoghi esotici pressoché sconosciuti – lo stesso Chateaubriand, grande viaggiatore, era rimasto affascinato dai paesaggi delle zone del Mississippi -, il secondo per la forte caratterizzazione psicologica della protagonista (“Mia povera Bovary soffre e piange in venti venti cittadine della Francia”, dice lo stesso Flaubert). Anche in Madame Bovary la religione cristiana gioca  un ruolo fondamentale: non si tratta più della fede casta e incrollabile di Atala, però:  “O  religione  che fai  il mio male e la mia felicità , che mi prendi e mi consoli”, come sospira Atala morente, quanto di una sorta di misticismo di sostrato sensuale. Si potrebbe affermare che la religione, anche se per motivi diversi, conduce entrambe le eroine alla morte: nel caso di Atala si tratta di mantenere il voto di castità compiuto dalla madre in punto di morte, voto la cui violazione rappresenterebbe un terribile sacrilegio, mentre per Emma è l’educazione in convento l’origine di tutte le sue (dis)illusioni.

Atala, Madame Bovary: nel romanzo ottocentesco il nome della protagonista si identifica con il titolo dell’opera e annuncia al lettore che il contenuto centrale sarà proprio l’esperienza individuale del protagonista. Tuttavia, nell’opera di Flaubert, il nome di battesimo manca e  “madame” sottolinea non solo la condizione di donna sposata di Emma, ma la cornice matrimoniale che racchiude la storia della sua vita (tant’è vero che sarà proprio Charles ad aprire e chiudere lo spazio romanzesco).

Non dimentichiamo che l’interesse per il singolo, per l’individuo qualsiasi, è una novità nella letteratura di questo periodo, propria solo del romanzo moderno; non a caso è proprio a partire da questo momento che il romanzo viene definito in area anglosassone col termine novel – connesso  etimologicamente all’idea di nuovo- e non più col vecchio romance, che indicava invece le narrazioni rinascimentali o medievali.

Entrambe le storie d’amore avranno un esito tragico: l’eroina romantica, di cui Atala ed Emma sono il prototipo, si scontra sempre con la realtà: le condizioni sociali e la religione nel caso della giovane indiana, l’irrequietezza e uno spiccato senso per l’idealismo nella borghese normanna.

Il suicidio appare così come l’unica via di fuga, unica salvezza contro la disperazione e l’eterna insoddisfazione di un’esistenza sempre al di sotto delle proprie aspirazioni.

Ciò che mi ha spinto ad un confronto tra la morte di Atala e quella di Madame Bovary, è il fatto che entrambe avvengano per avvelenamento; le passioni che consumano le due donne diventano così realmente mortali.

Il veleno è senza dubbio un elemento simbolico nel romanzo flaubertiano: l’autore descrive gli effetti dell’arsenico così minuziosamente, che il lettore ne può sentire quasi il sapore d’inchiostro (“une saveur d’ancre”). È come se tutto l’inchiostro dei libri letti da Emma Bovary durante la sua giovinezza, i libri di cui lei ha nutrito la sua immaginazione, le lasciasse ora nient’altro che amarezza. Vomitare il veleno è vomitare l’inchiostro, dunque rigettare tutta la sua educazione.

Simbolicamente, potremmo anche considerarla l’immagine di Flaubert che “vomita” il suo romanzo, generando la sua opera.

Solo nel momento della morte Madame Bovary rinuncia a tutto il suo idealismo; è l’unico momento in cui viene “denudata” del suo Romanticismo. Infatti solo il corpo, non lo spirito, può essere presente con le sue urla, i suoi mali, la sua sofferenza. Come per “l’esalazione  di un vapore metallico , la sua “faccia  cadaverica” assume un colore bluastro.

Se Emma muore stordita dal dolore e dalla sofferenza, di Atala Chateubriand ci dice invece che sembra volare. Certo, anche Atala è preda di sintomi spaventosi: tremori e brividi la sconvolgono, le estremità del suo corpo si raffreddano ma solo “per rapire questo fiore alla solitudine”; il suo corpo di fanciulla, anche sotto l’effetto d’un veleno potentissimo e fra le atrocità dell’agonia, resta bello come un fiore. Come in una catarsi estatica, i dolori di Atala sembrano placarsi proprio un attimo prima del sopraggiungere della morte.

In entrambe le descrizioni l’attenzione dell’autore si concentra per un istante sul volto delle protagoniste, ed in particolare sulla bocca: quella di Atala sembra racchiudere, riunire in sé, in uno sforzo estremo, l’ultimo soffio di vita, le energie che ancora le rimangono (“tutti i dolori sembrarono interrompersi, tutta la sua vita si ritrovò raccolse sulla bocca ”); la bocca di Emma, la stessa che in vita aveva raccontato tante menzogne, si apre per non soffocare, si contorce per gli spasimi dell’agonia, emette gli ultimi rantoli e infine si contrae in un riso atroce, frenetico, disperato.

Come ho detto, l’educazione di Emma in convento la condizionerà a vita: infatti, durante l’agonia, solo la vista della stola violetta del curato sembra alleviare un poco la sua sofferenza:

ritrovando nel mezzo di una calma straordinaria la voluttà  perduta dei suoi primi slanci mistici, con delle visioni di beatitudine eterna che cominciavano”.

Se Atala è casta e pura, in Madame Bovary ipocrisia e ingenuità si mescolano dando luogo ad una personalità contraddittoria, che vede nell’Amore un assoluto – e pertanto un desiderio continuamente frustrato, che sfocia nel nulla.

Sia Emma che Atala hanno vissuto nella solitudine e nel dolore: entrambe, in punto di morte, sono accanto all’uomo che le ha amate, ma con il quale hanno potuto condividere ben poche felicità: se nel caso di Charles questa impossibilità è dovuta al fatto che non aveva suscitato in Emma altro che disprezzo e riprovazione – senza peraltro rendersene mai conto-, per il giovane Chactas l’intralcio alla realizzazione del suo amore è costituito dalla segreta e terribile promessa di Atala – di cui anch’egli era rimasto fino all’ultimo inconsapevole.

Infine, vengono celebrati i funerali: quelli di Madame Bovary, ignorati persino dai suoi amanti, si svolgeranno nell’indifferenza generale; per Atala l’atmosfera alla luce della luna, nel mezzo della foresta, sarà ben più suggestiva.

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