“Se domani si vive o si muore” di Giuseppe Truini
Recensione di “Se domani si vive o si muore” (Edizioni Ensemble, 2012) di Giuseppe Truini.
Lino Di Mario ha 28 anni ed è uno studente di filosofia. Fuori corso ormai da tempo, è indietro con gli esami e con la vita. Nato e cresciuto a Frosinone, si trasferisce nella Capitale dove condivide un appartamento con altri ragazzi. Campa sulle spalle del padre, ricco imprenditore romano, ha un fratello laureato in Economia ma che di mestiere fa lo spacciatore e una normale fidanzata precaria della quale non è più innamorato o forse non lo è mai stato.
Non ha obiettivi e non ha ambizioni. Vive passivamente ogni giorno della sua esistenza subendo le scelte altrui e ponendosi complessi interrogativi riguardanti se stesso e il resto del mondo. Dialoga con Shakespeare e Beckett e legge Sofocle e Perec.
Qualcosa però sta per cambiare. La sua routine sta per essere sconvolta e rivoluzionata. Di punto in bianco, da studente nullafacente dovrà improvvisarsi imprenditore per salvare l’azienda di famiglia. Sarà costretto ad assumersi la prima responsabilità della sua vita. Lascia Roma e si trasferisce a Ciriè, alle porte di Torino. Comincia qui un percorso diverso, fatto di studi, doveri, nuove vesti e nuovi vestiti, ma soprattutto nuovi incontri. Alberto, Andrea, Vincenzo e Livia, estranei ieri ma amici oggi, destinati a condizionare il suo cammino.
Amarezza, frustrazione e rabbia si intrecciano in una storia che rispecchia gioie e soprattutto dolori di una generazione illusa e delusa dalle ingiustizie e dalle contraddizioni della società contemporanea.
Nel suo primo romanzo, Se domani si vive o si muore, Giuseppe Truini racconta i pensieri di un ragazzo come tanti con uno stile fluido ed essenziale e una scrittura intensa in grado di appassionare il lettore e trascinarlo fino all’ultima pagina.
Citazione: “Proprio mentre sto per uscire, incrocio il mio sguardo riflesso nello specchio ed ho un sussulto: mi scambio per un estraneo. Non mi riconosco. Mi fisso: chi è quell’individuo che indossa una giacca ed una cravatta, con un taglio di capelli perfetto? Sono forse io? No. Sono qualcos’altro. Ma cosa? Una volta sarei rimasto a osservarmi per ore, cercando nella mia nuova apparenza la presenza anche di una nuova sostanza. Dov’è finito il mio sguardo sornione? Il mio taglio di capelli birichino e indomabile? E il mio look accuratamente sciatto? Ora, forse, la mia nuova sostanza si sta annoiando, perciò smetto di guardarmi ed esco”.
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