"Roma", "Palermo" e "Scordia": tre poesie inedite di Michelle Reale # Traduzione di Alessandra Bava

“Roma”, “Palermo” e “Scordia”: tre poesie inedite di Michelle Reale # Traduzione di Alessandra Bava

“Roma”, “Palermo” e “Scordia” sono tre poesie inedite di Michelle Reale tradotte per noi da Alessandra Bava.

Roma di Michelle Reale

One hand under her skirt and another with an open palm toward me. A slow shake of my head and her eyes flash. No, no, no. She knows what she wants, walks steady in my direction. She spits a gob in disgust, smiles when I flinch. Crosses herself and rolls her eyes into the back of her head, cackles. The balcony above me holds a plaster Madonna, thick vines choking her lily white neck, a crushed cigarette pack at her feet, foil all glittery and promising. There were one or two things I used to know about this city, but God, the heat, in the evenings and everything disappears. I sleep with the stone weight of the dead hear the hiss of caritas like an ancient lullaby. What remains is everything I have tried to forget. Razor wire smile and a gold tooth.

Roma di Michelle Reale

Una mano sotto la gonna e l’altra con il palmo aperto rivolto verso me. Scuoto piano la testa e i suoi occhi dardeggiano. No, no, no. Sa quello che vuole, cammina sicura verso di me. Sputa con disprezzo, sorride quando mi vede trasalire. Si fa il segno della croce e fa girare gli occhi all’indietro, ride sonoramente. Sul balcone che mi sovrasta vi è una Madonna di gesso, una folta pianta rampicante soffoca il suo collo bianco giglio, ai suoi piedi un pacchetto di sigarette accartocciato, dalla stagnola luccicante e allettante. Sapevo due o tre cose di questa città, ma Dio a sera sparisce tutto, il cielo, l’afa. Dormo con il peso lapideo dei morti, ascolto caritas mormorati come una vetusta ninna nanna. Resta tutto ciò che ho cercato di dimenticare. Un sorriso a filo di rasoio e un dente d’oro.

Palermo di Michelle Reale

So many things can happen out of the country. Take for instance the indecision inherent in choosing just one flavor from a display of gelato. I could be so simple, really, if the world would just let me. I give instructions to newcomers. Point to the flavor you like. Ignore the roll of the eyes. Hold out several inscrutable coins in the palm of your moist, delicate hand. Dare them to take what they want. Feign surprise when they do. Lean over a wrought iron balcony and let your paper serviette drift over the heads below, like an emissary of some misbegotten peace. Watch it stick to the shoe of a gentleman with no discernible place to go. Chew with your mouth open. Pretend not to understand when you really do. Contemplate the vagaries that follow you wherever you might find yourself. There is a baroque candlestick burning in someone’s window, but, surely, it is not for you.

Palermo di Michelle Reale

Possono accadere così tante cose lontani dal proprio paese. Ad esempio l’indecisione su quale gusto scegliere da una banco di gelati. Sarei così ingenua, se solo il mondo me lo consentisse. Do istruzioni ai nuovi arrivati. Indica col dito il gusto che ti piace. Ignora gli occhi rovesciati all’indietro. Tieni diverse monete imperscrutabili nella palma della tua mano delicata e umida. Lascia che prendano ciò che vogliono. Fingi sorpresa quando lo faranno. Sporgiti da un balcone in ferro battuto e lascia che il tovagliolino di carta svolazzi sopra le teste di sotto, come un ambasciatore di una qualche pace male architettata. Osservalo appiccicarsi alla scarpa di un signore che all’apparenza non sa dove andare. Mastica con le bocca aperta. Fingi di non capire anche quando capisci davvero. Contempla i capricci del destino che ti inseguono ovunque tu possa trovarti. C’è un candelabro barocco acceso alla finestra di qualcuno ma, di certo, non per te.

Scordia di Michelle Reale

It would be Sartre for Easter week in Sicily. A book carefully chosen. It was one of those days when it felt like everyone had gone somewhere else, leaving no forwarding messages. I said, out loud, “I am reading Sartre in Italy”. I had always dreamed it. I said it more than once to make it more real, because it didn’t feel so. I positioned the cane chair by the small window, where, centuries before, an anchorite, might have grudgingly given counsel. I could hear more than I could see, but the silence clouded my eyes. I read page 36 over and over again. I thought myself barely deep enough to absorb what I found there. I draped a shawl over my shoulders. It was cooler inside than it was out. I thought I heard something, thanked God for the life around me. A staccato crash of glass and a scream from the street that I could feel in my throat. Why not close the shutter, I reasoned with myself? I could have done, but was transfixed by the tall women in the forbidden purple of Christ’s Passion now in the street. The small, powerfully built man next to her, pleaded, touched the fragile scaffolding of bones on her chest, with dark, thick fingers. They leaned against the ancient wall, catching their breath, as though incivility was a sport. Their laughter pealed like the bloom of cereus. They lit cigarettes and smoked slowly and with great civility. When I leaned out the small square window, feeling like an old crone, they waved. I blushed. I heard the clang of the campanello from the Cathedral in the duomo. I crossed myself like the old women I felt that I was. I stared. They shrugged and smoked. I was alone in Sicily. My eyes were wide open. No one here would dream of calling it spying.

Scordia di Michelle Reale

Per la settimana santa in Sicilia sarebbe toccato a Sartre. Un libro scelto con cura. Era uno di quei giorni quando sembrava che tutti fossero andati altrove, senza lasciare messaggi. Esclamai ad alta voce, “Sto leggendo Sartre in Italia”. Lo avevo sempre sognato. Lo dissi più volte per renderlo ancora più reale, poiché non sembrava così. Spostai la sedia di vimini vicino alla finestra piccola da dove, secoli prima, un anacoreta aveva proferito consigli a denti stretti. Potevo ascoltare più di quanto non riuscissi a vedere, ma il silenzio mi ottenebrava gli occhi. Lessi la pagina 36 più e più volte. Mi considerai non sufficientemente profonda per assorbire ciò che vi scoprivo. Mi avvolsi uno scialle intorno alle spalle. Era più fresco dentro che fuori. Mi sembrò di sentire qualcosa, ringraziai Dio per la vita che mi circondava. Un infrangersi di vetro in staccato e un grido dalla strada mi riverberarono in gola. Perché non chiudere la persiana? Riflettei. Avrei potuto, ma rimasi folgorata dalla donna alta abbigliata del viola proibito della Passione di Cristo per strada adesso. L’uomo piccolo e dalla corporatura possente accanto a lei, supplicava e toccava la fragile impalcatura di ossa del suo petto, con dita spesse e scure. Si appoggiarono all’antico muro, trattenendo il respiro, come se la malcreanza fosse un costume. Il loro scroscio di risa come la fioritura del cereus. Si accesero le sigarette e fumarono lentamente e con grande compitezza. Quando mi sporsi dalla piccola finestra quadrata, sentendomi come un vecchia megera, mi salutarono con la mano. Arrossii. Sentii il rintocco del campanello dalla Cattedrale nel duomo. Mi segnai come la vecchia che sentivo di essere. Guardai fisso. Fecero spallucce e fumarono. Ero da sola in Sicilia. Gli occhi ben spalancati. Nessuno si sarebbe sognato di dire che stavo spiando.

Le poesie “Roma”, “Palermo” e “Scordia” di Michelle Reale sono state pubblicate nella raccolta This is Not a Situation in Which You Should Remain Calm (Červena Barva Press, 2013). La poesia “Roma” è precedentemente apparsa in Thrush Poetry Journal.