"Per me sono state delle presenze molto importanti": conversazione con Carlo Ginzburg

“Per me sono state delle presenze molto importanti”: conversazione con Carlo Ginzburg

Il celebre storico Carlo Ginzburg, in una chiacchierata con Leone D’Ambrosio, parla di suo padre Leone e sua madre Natalia nel ricordo dell’amico Vittorio Foa.

Al celebre storico Carlo Ginzburg, figlio del letterato antifascista Leone e della scrittrice Natalia, che vanta una lunga attività accademica e scientifica e numerosi libri, tradotti in oltre venti lingue, abbiamo rivolto alcune domande in occasione del Premio Letterario Internazionale Vittorio Foa che si è tenuto a Formia, la nota cittadina turistica laziale, dove Foa è vissuto ed è morto nel 2008 all’età di 98 anni.

Vittorio Foa, uomo politico e sindacalista, antifascista, tra i personaggi di maggiore rilievo della sinistra italiana ed europea. Qual è il suo ricordo?

C’era un ricordo antico con mio padre, mia madre. C’era un legame con lui, nonostante fossi molto più giovane, di amicizia molto profonda. Ci siamo visti moltissime volte a Sperlonga, a Roma, a Formia. Sono stato coinvolto al progetto che poi ha portato nel 1991 al suo bellissimo libro, Il cavallo e la torre, la sua autobiografia, e nel 2002 al libro intervista Un dialogo. È stata una persona straordinaria e così tutti lo ricordano.

Il suo libro più amato è Il formaggio e i vermi, perché interessa così tanto?

Io dico che erano due temi e avevano un elemento di comunicazione molto forte.  L’uno è un libro sul mugnaio friulano del ‘500 che è stato processato e condannato a morte, bruciato come eretico. E questi due elementi sono: uno, la sfida all’autorità ecclesiastica, all’autorità politica, questo mugnaio che dice: Io voglio parlare, voglio parlare con il papa, con l’imperatore; c’è questo elemento di sfida delle idee molto autonome, indipendenti; e poi,  l’altro elemento è quest’intreccio tra la cultura orale e la cultura scritta. Lui ha imparato a leggere, legge molto, parla dei suoi libri. C’è questo elemento che noi ritroviamo in tante parti del mondo, cioè una cultura prevalentemente orale che si accosta ai libri e quindi c’è questo intreccio di due culture.

Qual è il ricordo di suo padre e di sua madre, due grandi intellettuali del Novecento?

Mio padre è morto quando avevo cinque anni, ho dei ricordi molto vivi di lui, ma pochi. È stata una presenza molto importante per me, anche se non c’era più. Pure mia madre è stata una persona affettivamente decisiva.

Come vede da storico il futuro del nostro Paese?

Cosa vuole che le dica, non ho una palla di cristallo in cui vedere il futuro. Mi pare che siamo usciti da un periodo veramente triste della storia italiana, speriamo che le cose vadano meglio.

Carlo Ginzburg è nato a Torino nel 1939, storico, è docente all’università di Bologna dal 1976, nelle università di Harvard, Yale e Princeton e dal 1988 alla UCLA (University of California di Los Angeles), dal 2006 insegna storia delle culture europee presso la Normale di Pisa. Si è occupato prevalentemente di storia della mentalità e della cultura popolare tra il XVI e il XVII sec., con particolare attenzione ai problemi metodologici e ai rapporti tra ricerca storica e altri ambiti disciplinari. Tra le sue opere: I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento (1966); Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del ’500 (1976); Indagini su Piero. Il Battesimo, il ciclo di Arezzo, la Flagellazione di Urbino (1981); Storia notturna. Una decifrazione del sabba (1989); Occhiacci di legno. Nove riflessioni sulla distanza (1998); Il filo e le tracce (2006).