«L'ottava nota» di Stefania Giammillaro

«L’ottava nota» di Stefania Giammillaro

Recensione della raccolta poetica «L’ottava nota» (Ensemble, 2021) di Stefania Giammillaro. Articolo di Giuseppe Di Chiara,  professore ordinario di Diritto processuale penale dell’Università degli Studi di Palermo.

Sinfonie d’un “E poi” [1]*

  1. “L’infinito è dentro di noi”, ha scritto, in una pagina sublime, Alessandro D’Avenia, “ci abita e trascende”: è “l’eterno che inatteso ‘sovviene’, facendoci sperimentare che la nostra vita non è un frammento insignificante del caos, ma tessera di un bellissimo mosaico” (A. D’Avenia, In difesa dell’infinito, in Corriere della Sera, 3 giugno 2019). I suoni, i colori, la magia del linguaggio, le vibrazioni del silenzio che pulsano nei riflessi tremuli della parola, sono riverberi di questo “oltre” che disarticola ogni istinto di dominare la realtà, di classificarla entro tassonomie conchiuse, come se penombra e infinito fossero reciprocamente incommensurabili…
  1. Eccole risuonare, dunque, queste Sinfonie poetiche che Stefania Giammillaro ci dona, adesso, a quattro anni dalle Metamorfosi dei silenzi (Edas, 2017) di cui appaiono continuità ideale, incantato sviluppo: dalla partitura del silenzio alla tessitura sinfonica, quasi a sfidare il mondo, a contenerlo, a racchiuderlo entro una forma, secondo l’intuizione di Gustav Mahler. Contenere il mondo? Stringerlo, dunque, entro tessiture di versi che pretendano di dire l’universo, di racchiuderlo entro i confini preziosi di un logos compiuto? Davvero no, neppure per un istante il mondo di Stefania, il suo cuore senza confini, coltiva così angusti traguardi: queste Sinfonie poetiche rilucono di nuove metamorfosi di silenzi, di gorgoglii d’acque di sorgente, di bagliori reconditi che filtrano dalle profondità degli anfratti…
  1. Il simbolo dell’infinito è, così, tutt’altro che un inerte fregio grafico che impreziosisce le linee estetiche del frontespizio: diviene il diapason che individua la lunghezza della luce dell’Ottava nota, evoca la valle dell’eco lungo il cui crinale corre l’intera partitura delle Sinfonie. Quale, dunque, il segreto dell’Ottava? Stefania ce lo suggerisce, nella Nota dell’autrice (p. 75 ss.) che fa da postfazione rivelante (ove re-velatio, con il suo prefisso iterativo, indica non solo l’actio del tollere velum ma il velare ancora, con la grazia – canterebbe Pascoli – della “rosea mano” di Stefania che rende il lume “velato un poco”): nella scala diatonica, in tecnica tonale, sono sette i suoni interi, l’innesto di un ottavo suono disintegrerebbe le simmetrie. Ma l’ottava, in musica, designa anche un intervallo: è un unisono composto, che pur va oltre… Sovviene il Bach inarrivabile delle Variazioni Goldberg: la ventiquattresima variazione è un canone all’ottava, che prelude, annunciandola, alla “perla nera”, l’abissale venticinquesima in sol minore; la ventisettesima è un canone alla nona, id est alla seconda composta; la trentesima, l’ultima, custodisce la sorpresa del quodlibet, connubio prezioso di una canzone popolare e di un corale, che propizia il ritorno ciclico all’aria d’inizio: la stessa dell’esordio, in partitura, ma ci appare completamente mutata, perché nel frattempo, nel flusso infinito delle trenta variazioni in cui ci siamo immersi, siamo noi a uscirne completamente trasformati, ormai divenuti altri…
  1. L’idea del kyklos, del ciclo, del cerchio che si chiude, più volte sembra affacciarsi, nella partitura sinfonica dei versi di Stefania. Sboccia in Impronta: “Così, ciclicamente rinasco” (p. 70). Vi fa eco Dis-Innesto: “Rinasco? Riesco? | Non c’è via d’uscita” (p. 71). Non c’è via d’uscita, al rinascere, al ri-uscire! E in In-tanto: “E’ un girotondo che richiede | la pazienza di giungere alla chiusa del cerchio, | affinché Giotto possa riprovarci ancora” (p. 68).
    Un ciclo che chiude, dunque? Un ciclo che si chiude? L’idea della sinfonia che contiene l’universo, secondo Mahler? Una sinfonia che contenga tutto, che tutto racchiuda, esaurisca, as a whole, novella memoria del mondo? La sensazione, in questi versi, è altra, del tutto altra… C’è una ciclicità segreta, ma è imprevedibile, non torna al punto di partenza, apre invece mondi misteriosi: l’eco della sinfonia del mare… Il mare, il moto ondoso, sembra fare da colonna sonora: l’immersione progressiva nelle profondità della bellezza di questi versi sembra far scaturire la ciclicità misteriosa de Le onde di Ludovico Einaudi, se ne sentono intonazioni, pastosità, atmosfere…
    L’esperienza del “naufragar” leopardiano nei versi di Stefania conduce, allora, all’emersione, quasi fosse un atollo nel mare corallino, di una mappa del tesoro, di una filigrana segreta, che si riverbera in altri versi trasversali. Sono le evocazioni di E poi (p. 20) a irradiare della loro luce bruna l’intera silloge: “E poi…| ti porterò al mare, affinché tu possa ascoltarne la voce | carpirne la pienezza delle onde, i tumulti del cuore | ed imparare ad essere paziente per cogliere il messaggio che a te rivolge… | (…) | E poi | infine | ti prenderò per mano, danzando con te una melodia infinita, | musica viva”…
  1. Jorge Luis Borges diceva che la dedica di un libro è un gesto magico: lo è nella pienezza della performatività di parole in grado di modificare la realtà. Come i versi, in fondo, le loro trame, il loro essere poiesis. Stefania, nell’infinità delle distese del suo animo, ha dedicato (p. 13) queste Sinfonie alla terra siciliana, “che mi ha donato radici a cui tornare”; alla famiglia, “che mi ha donato ali per volare”; e a Bea, la nipotina meravigliosamente adorata, “che ogni giorno mi ricorda quanto amore si è in grado di donare”. Un gioiello ciclico, questo gesto magico: la Sicilia, la terra natia, che chiude il cerchio perché è il luogo delle radici a cui si guarda, a cui si torna; la dimensione familiare, la capanna che protegge senza imprigionare, che dona ali per spiccare il volo; e il cuore di una bimba, luogo sublime dell’infinito perché l’amore, l’amore che dona, l’amore che si dona, è il senso ultimo dell’infinito, la sua dimensione più stupendamente abissale. Queste Sinfonie disegnano il mondo senza esaurirlo, lo evocano, perché l’infinito – quel simbolo che compare in copertina – ne è la lunghezza d’onda, il senso ultimo, il battito del cuore, la certezza che si fa desiderio, anelito, ragione di vita. Per Stefania, e per tutti noi, attraverso la sua magia.

[1]* Suggestioni e note sparse a proposito di S. Giammillaro, L’Ottava nota. Sinfonie poetiche, Ensemble, 2021.

9788868818104