Inediti di Davide Zizza

Inediti di Davide Zizza

“Il Suonatore di Oud”, “Verrai con me”, “Narghilè” , “Orfeo senza Euridice” e “L’allusione” sono cinque poesie inedite di Davide Zizza.

Il Suonatore di Oud
(ascoltando Yair Dalal e il suo violino) di Davide Zizza

Un lontano accordo di oud, un’eco di violino –
inizia così la metafisica del viaggio interiore;

nell’azione delle dita la voce del suono intraprende
la sua nascita sulle corde; da una melodia nasce la civiltà,

lo spartito dei suoni è la memoria celeste
che trascende in pura essenza.

La nota emette il respiro da prima che il mondo fosse.
E rilascia nella mente l’antica memoria dei padri,

quando un Suonatore pose il vento in uno
strumento di legno che creava l’ordine del mondo.

*

Verrai con me di Davide Zizza

Rinascerò se avrò l’opportunità.
Verrai con me? Mi fascerò le mani
per non ferirmi, per aiutarti a salire
con me la collina
della vita.

Oggi ricomincerò a vivere.
Salirai con me il monte dove c’è l’ulivo?
Lì cominceremo a conoscerci.
E anche bendandomi gli occhi riuscirò
a riconoscere il percorso accidentato
di pietre.

Verrai con me?

*

Narghilè di Davide Zizza

La sigaretta che brucia
il tabacco, come fumi di incenso
che alitano in un’aria fitta
di odori e di umori: così l’anima
esala – come sospiro stanco si leva
da terra dopo aver vissuto…
per giungere ad un più largo sentire.

*

Orfeo senza Euridice di Davide Zizza

Gettata la lira nella siepe,
scesi di nuovo all’inferno:
volevo incontrare Ade,
volevo ancora Euridice.

Caronte, ormai in pensione,
seduto su una panchina leggeva
un libro (di quale poeta non mi disse).
Colpito, mi avvicinai:
«perché qui tutto sembra strano?
perché l’inferno non brucia
come l’ultima volta?»

Prima di consegnargli l’obolo – gli occhi riversi
su una pagina – mi precedette:
«Il fuoco, ciò che un essere umano crea,
resiste se il suo motivo ancora lo alimenta.
Morto il motivo, resta la cenere, la memoria».

Avvilito, mi sedetti al suo fianco.
«Cosa leggi?»
«Leggo versi. Di una strana dolcezza.»
E subito recitò:
«Creare una melodia nell’orecchio
acquieta il dolore e sana la ferita».

Forse pure lui come me subì un destino e
una perdita? Che senso aveva per lui quel verso?
Capii. Era inutile scendere nel luogo dell’ assenza.
Non potevo restare: Euridice non era più lì.

Niente traghettata. Un ultimo saluto,
e presi la risalita.
Alla luce della terra compresi
il mio dolore tanto da amarlo.
Lei mi disse:
«Amami fino a dimenticarmi!»
Pesava più il dolore o la coscienza? Entrambi!
Galanteria del tempo:
ridonare senso a ciò che è stato.

*

L’allusione di Davide Zizza
(leggendo Jabès)

L’allusione del verso
risale dal fondo –
quasi un respiro
dilatato nel biancore
della pagina ti trattiene:
lo senti? lo vedi riemergere
in un volto,
la sua eternità affidata
a un guizzo di seppia.

Anche la sola sillaba
persegue la sua morte
sulla pagina:
sull’acuto finale del verso
un bianco suicidio
tiene in vita la mente.

***

Davide Zizza (Crotone, 1976), laureato in lingue e letterature straniere con una tesi in filologia romanza, collabora con Patria Letteratura e con il periodico L’Estroverso. Nel 2000 diffonde una sua plaquette tipografica, Mediterraneo, e nel 2012 per l’editore Rupe Mutevole pubblica la raccolta Dipinti & Introspettive. Il suo breve saggio «La lettura e la scrittura come etiche dell’ascolto» è stato inserito nel volume collettaneo Ascolto per scrivere per Fara Editore (2014). Due suoi contributi critici (Salvatore Quasimodo, Giorno dopo giorno e Il tormento nella poesia. Laforgue e Lowell, due ritratti della modernità) sono apparsi sulla Rivista di Poesia e Letteratura di lingua greca Koukoutsi. Suoi articoli e poesie sono presenti su Poetarum Silva e su Samgha.