Due poesie inedite di Kaye McDonough # traduzione di Alessandra Bava

Due poesie inedite di Kaye McDonough # traduzione di Alessandra Bava

“Dialogo sulle aspre critiche a Zelda Sayre Fitzgerald” e “Sono diventata folle per amore, amore, folle” sono due poesie inedite di Kaye McDonough tradotte da Alessandra Bava.

Dialogo sulle aspre critiche a Zelda Sayre Fitzgerald di Kaye McDonough

 

Mi piacevano le case in costruzione e spesso camminavo
                                                         sui tetti. Mi piaceva saltare da luoghi elevati… mi piaceva
                                                            tuffarmi e arrampicarmi tra le cime degli alberi…”

Zelda S. Fitzgerald

I.

 

Nel Sud dalle stanze bianche e giovani che brindano alla castità

accanto al pero e davanti al giudice disse:

 

L’aria brilla ed è al contempo gialla e bianca.

Questa è l’aria regalo e il giorno che la trattiene

Desidero [desideravo] infondere luminosità alla vita, ravvivarla come una fiamma

Desidero, [desideravo]  tutto, sai.

 

Ha spinto la scale ed è piombata sul palcoscenico

 

II.

“Ho visitato Scott Fitz e sua moglie

quest’ultima una volubile bellezza del Sud

di provincia. Mastica gomme – mostra le ginocchia”

            — A. McKaig, Diari

 

Così stupì Montgomery, Alabama

(le province si stupiscono così facilmente)

Così Ring Lardner le dedicò una poesia

(non uno dei suoi esiti migliori)

Così dipingeva

(forme grottesche, deturpate… che fecero bene a conservare in cantina)

e ballava

(goffamente… in modo pessimo…  era solo una volgare esibizionista)

e scriveva

(in modo imbarazzante…  leziosità pura…  non avrebbe mai pubblicato

nulla se non per il cognome del marito al seguito)

Così ebbe una bambina

(e non fu granché come madre a sentire i resoconti)

un marito

(ubriachi entrambi, davvero, ma lui di gran lunga più di lei…         melodrammi  esagerati)

un amante

(oh sì, l’aviatore…  si considerava “una pioniera”)

un sogno

(osservate da vicino quelle… sciocchezze romantiche… narcisismo autodistruttivo,

se volete la mia opinione… non il sogno di una mente)

Dunque era alla pari con i migliori tra loro

(se si può chiamare chiunque a quell’epoca di prim’ordine ad eccezione di Edmund Wilson e anche lui era impegnato a rendersi  ridicolo con Edna St. Vincent Millay, un altro caso)

e poi la migliore tra loro

Bene, bene, allora, allora cosa?

Spuntate Dos Passos, Rebecca West

gli artisti, i critici, gli psichiatri

sapete, le autorità

Era mediocre e a dir poco nevrotica,

malata – puoi chiudere il becco Zelda

Fate chiudere il becco a quella donna

Com’è potuta diventare chi è diventata?

Quella novellina – Fermate il suo corso

Non era Non faceva Non poteva

No. Diciamocelo, tutto ciò che aveva era una faccia tosta.

 

Eppure faceva voltare i circoli,

eccentrico il modo in cui lo faceva, disse la perspicace Sara

Sì, strano il modo in cui volteggiava

pressoché asessuata, pressoché ignara

della stanza intenta a verificare il suo equilibrio

Che ballo era?

 

III.

 

Come se lo spirito potesse parlare solo la lingua

resa intellegibile dalla morte, faccio appello a voi dal fondo della rovina

con parole che penso riconoscerete:

 

Mentre i gambi di granturco sollevavano le cime seriche alla luna

il sogno del Montana scivolava dal limitare delle pianure sino alla loro fine

la visione assicurata alla fune, costretta a guardarsi

niente affatto bella, niente affatto.

Più animali domestici e avidità

non era il cantare a cui mancava qualcosa

non era la canzone dalla profondità del sogno

ricominciando dai piatti

e “diamogli un’occhiata” ed “eccolo qui”

l’ordinario immutato

 

Vi aspettate che io approvi questo sminuimento

Vi aspettate che me ne stia seduta come una brava ragazza

gorgheggiando il pisolino sul tappeto, il cassiere in banca

dicendo urrà a questo inebetimento

che il vento venga strappato alla tempesta

lo stregone esiliato dalla sua tinozza

che ogni giorno non accada nulla

che gli occhi siano puntati sul Cemento Duco e ciò che accade nel bagno

e su di me che faccio la ruota lungo strade di magnolia?

Cantate questa patata che chiamate realtà

se potete, se riuscite davvero

e provate gratitudine poiché sapete che non state

morendo di un appetito moribondo

Zelda, Zelda, Zelda. Qui, qui. Ancora, ancora.

Facciamola tacere.

Aveva solo il cuore infranto per qualcosa

che la terapia avrebbe potuto risolvere,

o un brav’uomo o un’istruzione

se solo qualcuno le avesse detto

la Repubblica ha ciò che ha sempre voluto:

la delibera ufficiale che tutto è OK

qual è il suo problema in ogni caso?

 

Se ogni cosa vasta è racchiusa, definita

se il caso di una vita è svelato, il mistero risolto

se il mio verso è così ordinato e classificato che è derubato di tutto ciò di raro che esso contiene

se anche la brutale magia della mia testa è proprietà istituzionale

allora sputo ancora sul vostro ordinario

allora sputo ancora sulla vostra normalità

allora sputo ancora sugli epiteti che date ad ogni cosa

poiché sono giunta sul baratro e sono caduta

e credo nella promessa dell’aria.

 

Oh e di cosa parla adesso?

È diventata proprio una lagna, non è vero? Davvero.

 

I vostri epiteti sono scuse per aver smesso di sognare

I vostri epiteti sono idoli per proteggervi dall’incertezza

Voi che avete paura di sentire e paura di sbagliare

paura di dare una forma ai vostri sogni

Vi chiamo codardi e ai miei amici dico

Non temete i guardiani della percezione

 

Beh la semplice verità è che non aveva amici

povera donna. Piena di illusioni.

Il talento cui aspirava – un vero disastro.

Meglio orticaria ed eczema.

Beveva troppo

Divenne grassa, divenne pazza

Parve brutta un giorno – così riferì Hemingway

Ebbe troppi postumi da sbronze,

non ebbe, beh lo sapete, non ce la fece

ma nei libri, nei libri polverosi ho notato

sulla pagina senza vita, lì tra la litania dei cadaveri,

una cosa che potrebbe essere passata inosservata:

una donna viva, reale prese fuoco

a mezzanotte del 1° marzo 1948, non è così?

 

Dialogue on the Panning of Zelda Sayre Fitzgerald di Kaye McDonough

 

“I liked houses under construction and often I walked on open roofs. I liked to jump from high places… I liked to dive and climb in the tops of tree…”

–Zelda S. Fitzgerald

I.

In the South of white rooms and young men toasting chastity

Beside the pear tree and in front of the judge she said:

 

The air shines and it is yellow and white at the same time.

This is the gift air and the day holding round it

I want [I wanted] to blow into life a brilliance as into a flame to fan it

I want [I wanted] you know, everything.

 

She kicked away the ladder and fell down on stage

 

II.

“Called on Scott Fitz and his bride

Latter temperamental small town

Southern belle. Chews gum – shows knees”

           — A. McKaig, Diaries

So she amazed Montgomery, Alabama

(the provinces are easily amazed)

So Ring Lardner wrote her a poem

(not one of his best efforts)

So she painted

(grotesque, disfigured shapes… they did well to keep them in the basement)

And danced

(awkwardly… appallingly second rate… she was just a vulgar exhibitionist

And wrote

(embarrassing… pure sentimentality… would never have had a thing   published without her husband’s name behind her)

So she had a child

(and wasn’t much of a mother, to hear the reports)

A husband

(drunks, really, the two of them – but he much her better…  overblown    melodrama)

A lover

(Oh , yes, the aviator… fancied herself a ‘pioneer’)

A dream…

(take a close look at that romantic drivel… self-destructive narcissism if

you want my opinion… not the dream of an intelligence)

So she held her own the best of them

(if you can call anyone from that era who was really first rate other than     Edmund Wilson and he was too busy making a fool of himself over Edna St.             Vincent Millay, another case)

And then the best of those

Well, well, so, so what?

Check Dos Passos, Rebecca West

The artists, the critics, the psychiatrists

You know, the authorities

She was mediocre and, to say the least, neurotic

Sick – and you can shut up Zelda

Shut that woman up

How could she have been who she was?

That raw girl – Stop her movement

Wasn’t didn’t couldn’t

No. All she ever had was, let’s face it, nerve

 

Yet she turned circles

Odd her way with it, rational Sara said

Yes, strange the way she turned

Nearly sexless, nearly oblivious

The room transfixed to check her balance

What was that dance?

 

III.

 

As if the spirit could speak only in the language

Made intelligible by death, I call to you from the ends of ruin

In words I think you’ll recognize:

 

While cornstalks raised silken heads to the moon

The Montana dream slid to the edge of the plains to its ending

The vision roped down, made to look at itself

No lovely, not lovely at all.

More domestic animals and greed

Not the singing that was wanting

Not the song from deep in the dream

Back to the pots and pans

And ‘Let’s look at it’ and ‘Here it is’

The ordinary untransformed

 

You expect me to bravo this shrinking

You expect me to sit down like a good girl

Yodel the nap of the carpet, the teller at the bank

Hurrah this stupor

That the wind has been taken out of the storm

The sorcerer exiled from his vat

That every day, every day, nothing can happen

That sights are set on Duco Cement and what happened in the bathroom?

Me from cartwheeling magnolia streets?

You sing about this potato you call reality

If you can, if you honestly can

And feel grateful that you aren’t

You know, starving from a deadened appetite.

Zelda, Zelda, Zelda. Here, here. Now, now.

Let’s do quiet her

She was just broken-hearted over something

Therapy could have fixed

Or a good man or an education

If only someone had told her

The Republic has what it’s always wanted:

Official sanction that everything’s OK.

What was the matter with her anyway?

 

If everything vast is encompassed, defined

If the life case is cracked, the mystery solved

If my line is so ordered and classified it’s robbed of all that was rare in it

If even the brutal magic of my head is institutional property

I still spit on your ordinary

I still spit on your normal

I still spit on the names you give to everything

Because I’ve been to the edge and fallen off

and I believe in the promise of air

 

Oh, what is she talking about now?

Really. She’s become quite a bore, hasn’t she?

 

Your names are excuses for failing to dream

Your names are idols to protect you from uncertainty

You who are afraid to feel, afraid to fail

Afraid to give your thoughts a shape

I call you cowards, and to my friends I say

Take heart against the wardens of perception

 

Well, the simple truth is she had no friends

Poor woman. Filled with self delusions

That brilliance she wanted – a total disaster

Hives and eczema are more like it

She drank too much

Got far, got crazy

Looked ugly one day — Hemingway said so

Had too many hangovers

Didn’t have, well, you know, just didn’t make it

But I did notice in the books, in the dusty books

On the dead page, there among the litany of corpses

One fact that may have been overlooked:

A real, live woman went up in flames

Midnight, March 10, 1948, wasn’t it?

 

 

Sono diventata folle per amore, amore, folle di Kaye McDonough

 

Le tue storie mi hanno riempita come una stanza

sono inciampata sui tuoi nonni

caduta su un cugino, una moglie

Le tue sconfitte mi colpiscono alla testa

Mi feriscono con il ricordo

Ieri ho visto il ragazzo che devi essere stato

seduto tranquillo con le mani posate

sul tavolo della cucina

Oggi ti vedo attraversare ogni strada

ma vado in giro da sola, amore

cercando i miei sentimenti in librerie

mezze ebbre, sotto una mezzaluna

che pende sopra il mio giorno come un cuore

 

I Have Gone Mad With Love, Love, Mad di Kaye McDonough

 

Your stories have filled me up like a room

I trip over your grandparents

fall against a cousin, a wife

Your losses hit me on the head

hurt me with remembering

Yesterday, I saw the boy you must have been

sitting quietly with his hands folded

at the kitchen table

Today, I see you crossing every street

but I walk around alone, love

Looking up my feelings in bookstores

Half drunk, under a half eaten moon

That hangs across my day like a heart

 

Kaye McDonough, classe 1943, è una scrittrice e poetessa americana. Nata a Pittsburgh, si iscrive al Vassar College, alla Boston University e alla University of California a Berkeley, dove studia letteratura e storia dell’arte. Nel 1963 si trasferisce a Parigi dove completa i suoi studi alla Sorbona e segue le orme degli scrittori della “generazione perduta”. Tornata in California diventa parte della scena Beat di seconda generazione a San Francisco, come giovane editrice della Green Light Press e come poetessa declamando in modo teatrale le sue poesie nei vari reading, in modo particolare quelle dedicate a Zelda Fitzgerald. Nel 1978 City Lights Books pubblicherà il suo testo teatrale Zelda, che ebbe grande eco ed è andato in scena nei teatri di Off-Broadway. Negli anni Ottanta ha sposato il poeta Gregory Corso dal quale ha avuto un figlio. Negli anni Novanta ha lasciato San Francisco per trasferirsi sulla East Coast dove risiede attualmente.

IN COPERTINA: “Kaye McDonough” © Mark Green