Due libri della collana "Sestante" della SEI: Le "Rime" di Dante Alighieri e "Dell’amore e altre storie" di Giovanni Boccaccio

Due libri della collana “Sestante” della SEI: Le “Rime” di Dante Alighieri e “Dell’amore e altre storie” di Giovanni Boccaccio

Recensione di Paolo Rigo a due libri della collana “Sestante” della SEI: Le “Rime” di Dante Alighieri e “Dell’amore e altre storie” di Giovanni Boccaccio.

Merita senz’altro un caloroso plauso l’iniziativa della casa editrice Sei (sigla dell’altisonante nome Società editrice Internazionale) di Torino. L’iniziativa a cui faccio riferimento è la collana Sestante capace di racchiudere in un catalogo piuttosto ampio sia alcune opere di grandi autori, forse un po’ meno fortunate delle altre, come i racconti Flaubert o la Storia della collana infame di Manzoni, sia opere saggistiche appartenenti al cultural studies (che ultimamente vanno molto di moda), ad esempio un paio di titoli di André Frossard, e, infine, suscitando un pizzico di stupore (per chi è ormai avvezzo a un mondo in cui l’editoria non ha più spazio per gli autori classici del nostro parnaso) una valida edizione delle Rime di Dante Alighieri (a cura di Giovanna Ioli), coronata da un saggio (tratto da An Essay on the Vita Nuova, 1954, occupa le seguenti pagine del volume della Sei pp. 180-189) di Charles Singleton (uno dei più importanti studiosi di Dante del Novecento) un fiore il cui odore ha una durata breve, ma è fragoroso e intenso, e correlato da un saggio introduttivo (pp. VII-XX) la cui lettura tradisce uno studio intenso e continuo.

Se l’iniziativa merita un plauso il battito di mani, esso diventa frastuono per le intenzioni e per la passione investa da Giovanna Ioli nella cura editoriale del volume, che raccoglie anche una discreta bibliografia delle opere del sommo (pp. XX-XXXII). Il testo edito non poteva che non essere che quello fissato da Domenico De Robertis (ma viene seguito l’ordinamento di Gianfranco Contini), da cui in alcuni punti la studiosa decide di discostarsi nonostante l’opera sia dichiaratamente divulgativa tanto da farla affermare nella nota al testo di non aver incluso le rime di dubbia attribuzione proprio per il carattere dell’edizione. La scelta sul testo è coraggiosa e apprezzabile, forse un po’ discutibile per l’ultimo aspetto ma la motivazione è difesa con chiarezza e non ci sembra il caso di sterili polemiche.

Per quanto riguarda il commento esso rispecchia la motivazione dell’opera: un po’ scialbo e in alcuni punti più vicino alla parafrasi che altro ma se il giudizio parrà poco gustoso piuttosto saporita appare la scelta di introdurre ogni testo con una piccola nota riassuntiva e con i riferimenti alle famose edizioni canoniche di Barbi, De Robertis e Contini. Un esempio sulla canzone XLV Amor, tu vedi ben che questa donna:

“Questa canzone insiste sul tema delle stagioni e della “pietra” che si arricchisce grazie a una costruzione formale nuova per i suoi tempi. Mentre mantiene il concetto delle parole-rima, come nella precedente (n. r. Al poco ed al gran cerchio d’ombra) ne inserisce altre anche all’interno del verso, adottando pure la rima equivoca, il cui uso è sconsigliato dallo stesso Dante nel De vulgari eloquentia. A questo proposito, tuttavia, cita Amor, tu vedi ben come eccezione alla regola (II xiii, 12), dicendo che serve a rafforzare l’espressione con un artificio formale mai tentato. A differenza delle precedenti “petrose”, che non avevano destinatario, qui il poeta indirizza i suoi versi ad Amore.”

Barbi CII, Contini 45, De Robertis 8

In ultimo, appare davvero pregevole il lavoro Frammenti di un discorso amoroso ‒ ci auguriamo essere in fieri ‒ svolto all’interno del volume, che praticamente lo spezza a metà (ma non interrompe la numerazione), che raccoglie alcune interessanti immagini, soprattutto miniature, dedicate non tanto alle Rime dantesche quanto alla loro tematica riuscendo, quindi, a creare implicitamente dei collegamenti, già appurati dalla critica, tra opere medievali, come il Roman de la Rose, e il testo dantesco.

Il lavoro sull’immagini è un tratto distintivo della collana, tanto da comparire in copertina sia per le Rime sia per l’antologia boccacciana (il secondo titolo di cui si parlerà) con la dicitura Dossier illustrato. Per quanto riguarda Dell’amore e altre storie (a cura di Guido Davico Bonino) le miniature riguardano le dieci novelle raccolte tratte ognuna da una giornata distinta (I 1 Ser Ciappelletto, II 5 Andreuccio da Pisa, III 9 Giletta di Nerbona, IV 5 Lisabetta da Messina, V 8 Nastagio degli Onesti, VI 10 Frate Cipolla, VII 10, Tingoccio e Meuccio, VIII, 3 Calandrino, IX, 4 Cecco di Fortarrigo e X, 10 la celebre Griselda di Saluzzo) il lavoro sulle immagini è degno di un vero e proprio dossier artistico. Oltre a una breve introduzione (pp. IX-XV) anche in questo caso il curatore ha deciso di anticipare le novelle con delle pregevolissime note di lettura. Naturalmente per quanto riguarda il testo non poteva che essere adattato quello stabilito nella recente edizione (2013) curata da Maurizio Fiorilla per la Rizzoli-Bur, forse a guardare il pelo nell’uovo sarebbe stato utile ricordare anche la posizione che ogni novella occupa nella propria giornata, ma forse il progetto del curatore era, seppur divulgativo, più organico (o almeno così ci è parso di comprendere).

In definitiva, una collana utile, sicuramente dal carattere divulgativo (ma pregevole), nei cui libri emerge un lavoro editoriale valido atto a configurare una lettura piacevole anche per chi non è avvezzo ai grandi classici. Ci auguriamo che nel catalogo venga presto inserita un’opera di Francesco Petrarca, l’ultima delle tre corone che, per ora, è vacante.

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