Tre poesie inedite di Susan Yount
“Flemish Giants”, “Poetry Saved My Life” e “After Icarus Fell” sono tre poesie inedite di Susan Yount tradotte da Alessandra Bava.
Flemish Giants di Susan Yount
One winter it was so cold. I was wearing mittens. Or gloves?
It didn’t matter. All the latches were rusted. I was 7? Or 8?
That didn’t matter either. I had to stand on a bucket
to reach the latches. It was so cold. The babies were
already the size of giant snowballs. Ricocheting off the walls,
the door, the box, the floor. With the doe, the hutch
was too small. Huddled together, they could keep warm.
The next morning. When I opened the door. Red snow. On my way
to the school bus. Red snow. On the sidewalk. Across the lawn. Down the hill.
Red snow. On my shoes.
The mouths of dogs.
Giganti fiamminghi di Susan Yount
Un inverno faceva molto freddo. Indossavo muffole? O guanti?
Non aveva importanza. Tutti i chiavistelli erano arrugginiti. Avevo 7 anni? O 8?
Neanche questo aveva importanza. Dovevo salire su un secchio
per arrivare ai chiavistelli. Era così freddo. I piccoli avevano
già la taglia di giganti palle di neve. Rimbalzavano sui muri,
sulla porta, sulla scatola, sul pavimento. Con la cerva, il recinto
era troppo piccolo. Raggomitolati, riuscivano a stare al caldo.
Il mattino dopo. Quando aprii la porta. Neve rossa. Per strada
verso lo scuolabus. Neve rossa. Sul marciapiedi. Lungo il prato. Giù dalla collina.
Neve rossa. Sulle mie scarpe.
Le bocche dei cani.
***
Poetry Saved My Life di Susan Yount
To say that is so cliché but then again, I’m a cliché. Right?
When professors asked why I’d started writing poetry I told them—
because before, my life was shit and now it isn’t.
Now it isn’t.
My words are more powerful than ever before. I’ve a voice.
Poetry is a gift and it did save my life. You see, before, I was burned
alive. I’d no shame. I was in pitchfork hell. I was a beast surviving.
I was a beast machine.
Bone machine. Meat machine. I worked in a label printing factory.
I worked in a lawnmower-switch factory. I cleaned shit off toilet lids.
I cleaned Dr. Bizor’s Vision Centers 6pm to 6am and I still work
so I can write poetry.
I owe my life to poetry and I bow down to it. I want to give it back.
I’m tired too but I cannot say no. I get up every morning because I cannot.
I know exactly what I owe.
La poesia mi ha salvato la vita di Susan Yount
Dirlo è proprio un cliché ma poi di nuovo, io sono un cliché. Giusto?
Quando i professori mi chiedevano perché avessi iniziato a scrivere poesia rispondevo loro—
perché prima la mia vita era merda e adesso non lo è.
Adesso non lo è.
Le mie parole sono molto più potenti di una volta. Ho una voce.
La poesia è un dono e mi ha salvato la vita. Vedi, prima, ero arsa
viva. Non provavo vergogna. Ero in inferno. Ero una bestia che sopravviveva.
Ero una macchina bestia.
Macchina di ossa. Macchina di carne. Ho lavorato in una fabbrica che stampava etichette.
Ho lavorato in una fabbrica di interruttori per tagliaerba. Ho pulito le tavolette dei bagni dalla merda.
Ho pulito i negozi di ottica del Dott. Bizor dalle 6 pm alle 6 am e lavoro ancora
per poter scrivere poesia.
Devo la mia vita alla poesia e mi inchino dinanzi a lei. Voglio ripagarla.
Sono anche stanca ma non posso dire di no. Mi alzo ogni mattina perché non posso.
So esattamente quanto devo.
***
After Icarus Fell,
after Pieter Bruegel’s Landscape with the Fall of Icarus
1560
oil on canvas
28.9 in × 44 in
our ships would never dock. When no one on the island seemed to notice, we thought them all dead. On Sundays, we’d trade women. On Mondays, we’d wake drowning. On Tuesdays, we’d spin in the sea, sails heaving and twisting in the wrong directions: We were each our own sick hurricane. On Wednesdays, we’d dream of wine and wake too bloated to swab the decks. Each Thursday, our ailments confronted us like a pet that needed feeding. On Fridays, we’d bring our dead to the edges of the ships and loose them into the sea. We’d watch them sink into the red algae, admiring the soles of their feet. Saturdays, they’d all come back again.
When the winds finally fell and the sails stopped their mournful billowing we were too weak to paddle-in the ships. We still have hope we’ll run aground.
Dopo che Icaro cadde,
da La caduta di Icaro di Pieter Bruegel
1560
olio su tela
73,5 cm × 112 cm
le nostre navi non avrebbero attraccato mai. Quando nessuno sull’isola sembrava prestare attenzione, pensammo che fossero tutti morti. Di domenica, barattavamo donne. Di lunedì, ci svegliavamo in procinto di affogare. Di martedì, volteggiavamo per mare, le vele che si gonfiavano e piegavano nelle direzioni sbagliate: eravamo i nostri reciproci uragani malati. Di mercoledì, sognavamo vino svegliandoci troppo gonfi per redazzare i ponti. Di giovedì, i nostri acciacchi ci affrontavano come un animale domestico bisognoso di cibo. Di venerdì, conducevamo i nostri morti sul limitare delle navi e li facevamo ricadere in mare. Li osservavamo affondare nelle alghe rosse, ammirando le suole dei loro piedi. Di sabato, tornavano tutti nuovamente.
Quando i venti cessarono infine e le vele afflitte smisero di prendere vento eravamo troppo deboli per vogare le navi. Conserviamo ancora la speranza che ci areneremo.
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“Flemish Giants” è precedentemente apparsa in Booth. “Poetry Saved My Life” è precedentemente apparsa in Escape into Life. “After Icarus Fell” è precedentemente apparsa in Cease, Cows.
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Susan Yount è cresciuta in una fattoria nel sud dell’Indiana dove ha imparato a guidare trattori e ad abbracciare la sua capra preferita, Cinnamon (Cannella). È il caporedattore della rivista Arsenic Lobster, Madame presso il Chicago Poetry Bordello e editore di Misty Publications. Lavora a tempo pieno per la Associated Press ed insegna poesia online alla The Rooster Moans Poetry Cooperative. Ha inoltre conseguito recentemente un MFA in Poesia presso il Columbia College Chicago e ha un figlio di 7 anni. Il suo libro di poesia, House on Fire è stato pubblicato da Blood Pudding Press nel 2014, mentre Catastrophe Theory risale al 2013 ed è stato pubblicato da Hyacinth Girl Press.