Rileggendo "Novecento" di Alessandro Baricco

Rileggendo “Novecento” di Alessandro Baricco

Rilettura di “Novecento” di Alessandro Baricco.

 

Novecento è uno di quei libri che leggi tutto d’un fiato. Questo non solo per la brevità del testo ma, e soprattutto, per la trama intensa e coinvolgente. Il sottotitolo Un monologo chiarisce fin dal primo momento l’angolazione dell’inquadratura, vale a dire la voce del musicista jazz che ci narra i fatti. Il racconto è l’originalissima storia di un grande musicista che ha trascorso l’intera esistenza sull’oceano, la cronaca di un Io, nel solco della tradizione realistica francese, mi riferisco a Stendhal. Il marinaio di colore Danny Boodman trova un bambino ancora in fasce sul transatlantico Virginian, decide di adottarlo e lo chiama Danny Boodman T.D. Lemon Novecento. Una grave ferita durante una mareggiata ferisce mortalmente il marinaio, quando Novecento a solo otto anni. Nei giorni successivi alla morte di Danny, il bambino scompare misteriosamente dalla circolazione e, quando riappare, ha imparato a suonare il pianoforte con una bravura precoce e sconvolgente. L’incontro tra Novecento e l’Io narrante, un trombettista che lavora a bordo della nave, avviene quando il pianista ha ventisette anni. I due lavorano suonano insieme durante le crociere e intessono un’amicizia verace e profonda. L’Io narrante ci parla di Novecento come di un talento unico, del più grande musicista della storia, di un uomo in grado di entrare nell’anima delle cose e delle persone. Lo sguardo che il pianista pone sui fatti e sulle cose somiglia molto a quello del filosofo, al di sopra del bene e del male; egli, infatti, non giudica, ma cerca di comprendere e, laddove non ci riuscisse, immagina. Novecento è la metafora della letteratura, un viaggio, come quello del Virginian, dentro alle cose ed esterno alle cose. Il pianista, infatti, conduce l’intera esistenza, dal primo all’ultimo giorno, sul transatlantico su cui è stato ritrovato da Denny, il marinaio che l’aveva adottato. La vita non la vive, preferisce spiarla negli occhi dei passeggeri della nave; lì, negli occhi dei viaggiatori, riesce a cogliere odori, sapori, sfumature e sensazioni di esperienze sensuali che, nella realtà dei fatti, non ha vissuto. In questo senso è metafora della letteratura, perché riesce a fare propri dei fatti appresi da racconti di altri o nel assaporati mero immaginifico. Un tema di grande interesse, a mio avviso, è quello del viaggio, un viaggio che si dipana su tre piani: quello della narrazione, quello della memoria e quello dell’immaginario. Infatti, mentre il trombettista viaggia a ritroso nella propria memoria e ricostruisce la storia del grande pianista, il lettore percorre le tappe del racconto tramite le indicazioni del narratore e percorrendolo a sua volta con la propria fantasia; infine, ultimo ma non ultimo,è il viaggio che compie Novecento attraverso i fatti, le cose e le località narrategli o sognate dai molti passeggeri del Virginian.

Con un libro snello ma estremamente emozionante, Baricco ci regala un personaggio di grande sensibilità, ingegno e umanità. Questo gioiello della letteratura italiana è ciò che si suole definire fare letteratura, vale a dire raccontare una storia approfondendo i fatti esterni (cioè la trama) e quelli interni (la psicologia dei personaggi). Baricco riesce a farlo in poche pagine, pesando ogni singola parola e offrendoci un’affabulazione di forte connotazione poetica. La forma del monologo ha consentito all’autore di restringere il campo, puntando l’obiettivo su pochi ma esaustivi fatti narrativi e facendoceli gustare appieno.