"Ricordarmi di" di Yves Pagès

“Ricordarmi di” di Yves Pagès

Recensione di “Ricordarmi di” (L’orma, 2015) di Yves Pagès.

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Rispettando la tradizione, l’ultimo libro pubblicato nella collana Kreuzville da L’orma editore, Ricordarmi di di Yves Pagès, presenta una “riscrittura” o illustrazione del volume in chiave scacchistica. Per l’occasione è stato scelto un celebre studio per soli pedoni realizzato da Richard Réti, del quale viene ricordato un divertente aneddoto: nel 1925, a San Paolo del Brasile, il campione cecoslovacco diede una straordinaria prova di simultanea alla cieca (un tipo di partita in cui un esperto sfida più avversari contemporaneamente senza poter vedere le scacchiere: per conoscere le mosse gli viene comunicata di volta in volta la notazione algebrica dei movimenti, pertanto l’unico modo per vincere è ricordarsi a memoria ogni passaggio) giocando contro ventinove avversari. Non è certo casuale la scelta del precedente scacchistico: quello della memoria è, infatti, il nodo centrale dell’opera di Pagès, come suggerisce il suo emblematico titolo.

I 264 frammenti che riempiono le pagine sono espressione di una memoria strettamente personale, che nel costante tentativo di imporsi, di ribadire la sua presenza in una sorta di eterno (e fallimentare) confronto con l’oblio, passa dal dato più intimo e autobiografico a quello collettivo e universale; accosta episodi privati a dinamiche lontane nel tempo e nello spazio, ma degne di essere sottratte al silenzio. La sfida che Pagès lancia alla scomparsa dei ricordi porta alla creazione di un mosaico complesso, con le tessere che non possono certo completare un quadro ovviamente infinito, dando, per contrasto, ampio spazio proprio ai momenti vuoti, a quei segmenti bianchi che separano i 264 brani (scritti senza mai mettere il punto tranne che alla fine, quando il flusso è consumato) alludendo a ciò che è stato impossibile recuperare, a quanto la coscienza ha volutamente scartato o non è riuscita a conservare. Nonostante la testardaggine con cui Pagès combatte l’oblio, non si può negare l’importanza di quest’ultimo. Dice, infatti, l’autore: «Di non dimenticare che senza la facoltà dell’oblio non saremmo nient’altro che archivi della memoria, a tal punto saturi dell’onniscenza del passato che nelle nostre zone di immagazzinamento neuronale non resterebbe più alcuno spazio libero per pensare a vivere il seguito».

Fondamentale, quindi, sottolineare questa “dialettica del ricordo”, tra perdita e salvaguardia del bagaglio mnemonico, specie in un momento storico in cui a causa di social network, invasione informatica e canali di comunicazione di ogni tipo, viviamo nell’illusione (o nella paranoia) che ogni nostro gesto sia registrato e archiviato in rete, in quella proiezione del mondo nella quale siamo quasi tutti immersi, anche se lo stesso Pagès, che non si risparmia dal lanciare frecciate cariche di indignazione, ci, e si ricorda «di non dimenticare che in Francia l’86% delle bambine di meno di 6 anni ha già un’identità digitale sui social network, mentre in Mali la stessa percentuale di bambini di sesso femminile non ha accesso ad alcun tipo di scolarizzazione».

Forse è poco confacente ai nostri tempi l’idea di fermarsi, ricordare e registrare ciò che ha contribuito a formare la nostra esperienza, ma di certo la lettura di questo libro spinge proprio in una simile direzione, e, giunti in conclusione, non resta altro che partecipare al gioco, ricordando, a chi non l’avesse ancora fatto, di reperire e leggere il prima possibile Ricordarmi di.