Philippe Jaccottet, La parola appartata e Ninfa nel cuore

Philippe Jaccottet, La parola appartata e Ninfa nel cuore

Spunti intorno alla figura di Philippe Jaccottet, uno dei maggiori poeti francesi.Philippe Jaccottet è considerato uno dei maggiori esponenti della poesia europea contemporanea. Il suo è un lirismo asciutto, che interroga la natura, la morte, l’essere al mondo con una preoccupazione di rigore etico. È particolarmente vicino alla letteratura italiana, grazie anche alla sua attività di traduttore di nostri poeti, primo fra tutti di Giuseppe Ungaretti. E’ nel settembre del 1946 che Philippe, allora ventunenne, viene in Italia proprio per incontrare Ungaretti. Ancora oggi, alle soglie dei novant’anni, nonostante sia trascorso tutto questo tempo, quel ricordo è vivo nella sua memoria. Ma ancora di più è Ninfa che vive nel suo cuore. E, fu proprio in quel viaggio che il poeta francese s’innamora di questa meraviglia naturale senza tempo. Nessun luogo così magico lo aveva incantato. D’ora in poi, Ninfa avrà un ruolo fondamentale in tutta la sua poesia. Difatti, Jaccottet non esita a dire che “Ninfa fa parte delle tante gioie profonde che mi sono state donate sin dal 1946. Ma altre tacce irradiano qua e là nei miei libri della Semaison”. E proprio a Ninfa dedica un poemetto che fa parte della raccolta L’Effraie et autres poesie.  1946-1950”, la sua prima pubblicazione presso l’editore parigino Gallimard nel 1953. Proprio quell’anno sposa la pittrice Anne-Marie Haesler e i due si stabiliscono nella campagna meravigliosa del sud della Francia, a Grignan, per scrivere e dipingere. Cosa che fanno ancora con passione. Dunque, al centro della poesia di Philippe Jaccottet c’è la natura. La sua bellezza. Il poeta la lascia parlare, quasi la umanizza. Si lascia incantare da lei e dal suo contenuto: “Ti sfuggono, quei fiori; e così appunto ti fanno fuggire, quelle migliaia di chiavi dei campi”.

Tra l’atro, sono da poco usciti in Francia due pubblicazioni che raccolgono oltre ad una selezionata scelta di poesie, incontri, viaggi, aneddoti, amicizie, note e meditazioni poetiche. Anticipando così di qualche mese l’opera omnia, nella collana “La Pléiade”, riservata ai grandi della letteratura. Si tratta di “Tâches de soleil ou d’ombre”, riferito agli anni dal 1952 al 2005, edito dalla casa editrice “Bruit du temps”,  diretta dal figlio Antoine e di “L’encre serait de l’ombre”,  che raccoglie scritti dal 1946 al 2008. In queste pagine si nota il suo grande amore per la poesia italiana e in un apposito capitolo “Libretto”, l’ammirazione per Dante e Cavalcanti. Senza dimenticare le sue belle traduzioni dello stesso Ungaretti, di Leopardi,  Montale e Petrarca, oltre all’interpretazione dei “silenzi” del pittore Morandi.

Se il giovane Jaccottet viene in Italia per incontrare Ungaretti, a Ninfa però capita  per caso. È di ritorno da Napoli quando il treno si ferma nel bel mezzo della stazione di Latina, che fino all’anno precedente, il 1945, si chiamava Littoria. Ma non deve attendere molto. Qualcuno riesce ad avvisare la principessa Marguerite Chapin e con l’arrivo del suo autista, con tanto di cappello e livrea, da lì a poco l’avrebbe accompagnato nella sua magnifica residenza naturale di Ninfa. La “francesina” Marguerite  C. (quella C. sta per Chapin come per Caetani) oltre a essere una bella donna è anche molto influente negli ambienti culturali romani. Moglie del musicista Roffredo Caetani principe di Ninfa, fonda la rivista letteraria “Botteghe Oscure” che dirige assieme a Giorgio Bassani, nella quale vengono pubblicati alcuni tra i migliori esempi di poesia e prosa in lingua originale, nuovi talenti che si affermeranno presto come capisaldi della letteratura non solo italiana, ma mondiale. Quindi, per Ungaretti non è difficile arrivare a Marguerite e informarla del suo giovane amico poeta francese fermo alla stazione di Latina. Una volta giunto al casato e sceso dalla macchina lucidata nera, di fronte a tanta bellezza Philippe rimane senza parola. Anzi la parola gli viene dopo quando questo luogo diventa motivo d’ispirazione della sua poesia. Ad attenderli ci sono Marguerite e sua figlia, poco più che trentenne, Lelia; l’altro figlio, Camillo  era già deceduto nella guerra d’Albania del 1942. E si deve proprio a Lelia, con la sua pittura e ai suoi “giardini” se Ninfa è conosciuta da tutti come una meraviglia del mondo.

Se nel lirismo di Philippe Jaccottet rivive l’incanto di Ninfa, a lui mi lega un’amicizia sincera, per tutta la sua poesia. Perché come ben sottolinea Jean Starobinski in un suo saggio: « A aucun moment la parole de Philippe Jaccottet ne se démel de son devoir de s’éprouver, de chercher le confortement qui est nécessaire, de faire le point de son cheminement ». Il conforto della parola che si fa preghiera. Quella “preghiera tra la notte e il giorno”. Quella parola “appartata” di uno dei più grandi poeti viventi con Ninfa dentro il profondo del cuore.

NINFA

En ce jardin la voix des eaux ne tarit pas,

est-ce une blanchisseuse ou les nymphes d’en bas,

ma voix n’arrive pas à se mêler à celles

qui me frôlent, me fuient et passent infidèles,

il ne me reste que ces roses s’effeuillant

dans l’herbe où toute voix se tait avec le temps.

– Les nymphes, les ruisseaux, images où se

complaire !

Mais qui cherche autre chose ici qu’une voix claire,

une fille cachée? Je n’ai rien inventé :

voici le chien qui dort, les oiseaux rassemblés,

les ouvriers courbés devant les saules frêles

brûlant comme des feux; la servante les hèle

au bout de la journée… La leur et ma jeunesse

s’usent comme un roseau, à la même vitesse,

pour nous tous mars approche…

Et je ne rêvais pas

quand j’entendis, après si longtemps, cette voix

me revenir du fond de ce jardin, l’unique,

la plus douce dans ce concert…

« – O Dominique !

Jamais je n’aurais cru te retrouver ici,

parmi ces gens… – Tais-toi. Je ne suis plus ceci

que je fus… »

Je la vis saluer avec grâce

nos hôtes, puis s’en aller comme les eaux s’effacent,

quittant le parc, alors que le soleil se perd,

et c’est déjà vers les cinq heures, dans l’hiver.

Philippe Jaccottet

NINFA

In questo giardino la voce delle acque non inaridisce,

sarà quella di una lavandaia o di quelle ninfe laggiù,

la mia voce non riesce a mescolarsi a quelle

che mi sfiorano, mi fuggono e passano infedeli,

non mi rimane che queste rose colte

nell’erba ove ogni voce tace con il tempo.

____ Le ninfe, i ruscelli, immagini di cui

compiacersi!

Ma chi cerca altra cosa qui d’una voce chiara,

una fanciulla nascosta? Non mi sono inventato nulla:

ecco il cane che dorme, gli uccelli raccolti,

gli operai curvi davanti ai salici fragili,

ardenti come fuochi; la serva li chiama

a fine giornata… La loro e la mia giovinezza

si consumano come una canna, con la stessa celerità,

per tutti noi marzo s’avvicina…

                                                                       E non sognavo

quando ho sentito, dopo tanto tempo, questa voce

ritornarmi dal fondo di questo giardino, l’unica,

la più dolce in questo concerto…

­­­­­­­­­­“____ O Domenica!

Mai avrei creduto di ritrovarti qui,

tra queste persone… ____ Taci. Non sono più colui

che fui…”

                        L’ho vista  salutare con grazia

i nostri ospiti, poi andarsene via come l’acque svanendo,

lasciando il parco, mentre il sole si perde,

e sono già quasi le cinque, in inverno.

 

Philippe Jaccottet

Da « L’Effraie et autres poésies, 1946-1950 » (Il Barbagianni e altre poesie, 1946-1950),

Traduzione dal francese in italiano di Leone D’Ambrosio

 

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…Et le ciel serait-il clément tout l’hiver,

le laboureur avec patiente ayant conduit ce soc

où peut-être Vénus aura paru parfois

entre la boue et les buées de l’aube,

verra-t-il il croître en mars, à ras de terre,

une herbe autre que l’herbe ?

Philippe Jaccottet

  

…E il cielo sarebbe così clemente in inverno,

l’aratore con pazienza affonda il versoio

dove forse a volte appare Venere

tra il frango e i vapori dell’alba,

per spuntare a marzo, rasoterra,

un’erba oltre quell’erba?

Philippe Jaccottet

 

Da « A’ la lumière d’hiver »  (Alla luce d’inverno), 1974

Traduzione dal francese in italiano di Leone D’Ambrosio

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Sous la force du soleil,

au beau milieu du jour,

ensemble fruit et bouche, lèvres, langue,

s’abimer à la fois et monter dans ce char de feu.

Qu’elle mûrit, ta tête, et roule, et défaille, et

pend hors du char vers la terre jaune

et renversée ainsi, reçoit une lumière céleste !

Plus nous serrons ce nœud, plus de liens

se rompent en nous, autour de nous.

A’ travers les flammes, on sent que pèse la

montagne de la nuit.

Philippe Jaccottet

Sotto la forza del sole,

nel bel mezzo del giorno,

insieme, non più d’un frutto maturo,

insieme frutto e bocca, labbra, lingua,

rovinarsi a volte e salire su un carro di fuoco.

Come maturò, la tua testa, e rotola, e falliscono, e

si riversano dal carro sulla terra gialla

tanto da ricevere una luce celeste!

Più serriamo questo nodo, più collegamenti

s’interrompono dentro di noi, attorno a noi.

Attraverso le fiamme, si sente il peso

della montagna di notte.

 

Philippe Jaccottet

Da « Année »  (Anno ), 2006

Traduzione dal francese in italiano di Leone D’Ambrosio