"La Divina Commedia mostra l’assolutezza della poesia di cui abbiamo bisogno ancora oggi". Intervista a Giulio Ferroni

“La Divina Commedia mostra l’assolutezza della poesia di cui abbiamo bisogno ancora oggi”. Intervista a Giulio Ferroni

“La Divina Commedia mostra l’assolutezza della poesia di cui abbiamo bisogno ancora oggi”. Intervista a Giulio Ferroni a cura di Leone D’Ambrosio.

Il professore Giulio Ferroni è uno studioso tra i più quotati a livello mondiale, già titolare della cattedra di letteratura italiana all’Università La Sapienza di Roma, 70 anni compiuti e in congedo da qualche mese,  crede, e ha sempre creduto nella letteratura, nella possibilità che essa dà di guardare all’essenziale. Il suo ultimo pamphlet “Gli ultimi poeti” dedicato a Giovanni Giudici e Andrea Zanzotto, dopo la loro scomparsa ha sollevato discussioni, come per il saggio “Dopo la fine” e per quello autobiografico “La passion predominante”.

Quanto può contare e essere utile la letteratura nella vita?

Non immediatamente certo, ma da un ritorno di coscienza, soprattutto di memoria se la letteratura è nella mente, è nostra, ci lavora dentro.  E poi è una occasione di coscienza per la letteratura che si è appresa in passato, di dialogo con il presente. Se si legge un libro ogni tanto, credo faccia bene anche alla salute.

L’arte, la letteratura costituiscono un contributo determinante per capire gli eventi e il senso di ciò che accade. E’ quanto afferma. Ma oggi gli eventi politici e sociali hanno una storia che con la letteratura e la politica, nel suo significato più nobile, non hanno nulla a che fare.

Si certo,  adesso le cose diventano particolare mete difficili,  credo ci sia bisogno d’interpretare un sogno complesso, frantumato nelle direzioni più diverse che la letteratura può interrogare. Ci può essere un grande scrittore che ne scopra il senso, prima che penetri però la cosa nella coscienza del presente, la possibilità d’agire sul presente,  ce ne vuole. In ogni modo è molta cambiata rispetto alla tradizione storica.

Non trova che questa realtà, così come è strutturata, rappresenti una realtà cinematografica e invece è assolutamente realistica?

Viviamo nella società dello spettacolo dove tutto è immerso e moltiplicato nello spettacolo, ma forse quello vero e proprio, il cinema e la televisione e le altre forme culturali non ci danno una vera coscienza dello spettacolo che sta di fuori. Una cosa è lo spettacolo finto,  altro è lo spettacolo della realtà. Siamo di fronte a una realtà spettacolarizzata che non ci dà degli strumenti adeguati per comprenderla criticamente.

La realtà secondo Pirandello la vediamo attraverso un cannocchiale rovesciato, che trasforma i connotati.

Bisognerebbe saperla vedere attraverso il cannocchiale rovesciato, ma siamo talmente immersi nel presente, nel flusso della velocità, dobbiamo fare infinite cose che si susseguono, si accavallano l’una sull’altra, e non c’è più lo spazio per la meditazione, la distanza.

Pasolini e Sciascia avevano una doppia coscienza critica sempre presente e attenta agli svolgimenti della politica.

Questi sono personaggi che hanno avuto un capacità non solo di conoscenza del presente ma di intervento. Hanno giudicato la politica senza essere dei politici veri e propri,  forse per capire il senso della politica bisognerebbe guardarla da lontano.

Crisi dei giovani, crisi del lavoro, crisi della scuola e dell’università. Qual è il futuro di questa generazione cresciuta con il Grande Fratello e l’Isola dei famosi?

Credo che si deve dare una scossa, deve abbandonarsi da questi modelli spettacolari che fanno credere che esiste solo il presente, deve capire che ha delle responsabilità gravi per il futuro e se vuole continuare a vivere con un livello di vita adeguato,  come il presente,  deve abbandonare certi miti, certi orpelli, formule false che la catturano  quotidianamente.

Nel fare riferimento alla lingua italiana non si può non prendere ad esempio l’Alighieri e la sua Divina Commedia. Quanto è attuale ancora oggi?

La Divina Commedia da certi punti di vista è un qualcosa lontano da noi perché rappresenta un mondo diverso dal nostro, però c’è questa forma di vitalità, di intensità linguistica e questa tensione verso il valore e la giustizia, verso l’affermazione di una dignità totale dell’umano che ci serve moltissimo. A noi italiani ci serve anche perché ha fondato praticamente la nostra lingua. Mostra l’assolutezza della poesia,  è l’esperienza  della poesia,  nel senso più totale,  di cui abbiamo bisogno ancora oggi.

Come passa il suo tempo ora che ne ha di più a disposizione?

Scrivendo ma anche rileggendo opere di grandi classici italiani e stranieri. Son tornato, per esempio a rileggere il Don Chisciotte di Cervantes, Le affinità elettive di Goethe e i racconti di Stendhal. Ma anche ascoltare della buona musica, Mozart anzitutto.

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