"Un credente in maschera. Viaggio spirituale nell'opera di Giuseppe Verdi" di Paolo Di Nicola

“Un credente in maschera. Viaggio spirituale nell’opera di Giuseppe Verdi” di Paolo Di Nicola

Recensione di “Un credente in maschera. Viaggio spirituale nell’opera di Giuseppe Verdi” (Ensemble, 2014) di Paolo Di Nicola.

Saggio davvero molto interessante, che ho apprezzato per contenuti e costruzione come “viaggio spirituale”.

Con stile agile e raffinato, l’Autore conduce il lettore attraverso un itinerario per così dire circolare, partendo dalla musica sacra e liturgica (assai precisa la distinzione che viene puntualizzata), per chiudersi poi di nuovo sulla musica sacra delle Laudi alla Vergine Maria. Tra questi due poli c’è tutto il Verdi del melodramma.

Chi scrive queste poche note conosce abbastanza bene la vicenda umana e artistica di Giuseppe Verdi, non tanto per averla studiata, quanto per aver interpretato come soprano Violetta e Gilda, Leonora ed Elisabetta… Eppure sono state tante le sorprese in agguato tra le pagine!

Singolare e intenso il parallelismo che viene colto nella Messa da Requiem, composta per la morte di Alessandro Manzoni (a partire dal materiale già esistente ma inutilizzato in memoria di Rossini) e nella versione del 1869 de La forza del destino, che ha lo stesso finale catartico di cui è intriso il Libera me, Domine e che a sua volta è la più “manzoniana” delle opere di Verdi. Ed è anche accurata l’analisi delle tre preghiere dell’Otello, compresa quella blasfema di Iago. Ma è soprattutto il secondo capitolo che, a parer mio, è appassionante, perché porta il lettore a riflettere sull’amore oblativo in Rigoletto e, soprattutto, ne La traviata, applicando il concetto di “capro espiatorio” a Violetta e mettendolo in relazione con l’amore assoluto e salvifico di Gesù di Nazaret. Sempre nel secondo capitolo c’è lo studio riguardo alle varie versioni de la forza del destino, che è un gioiello, perché si tende correntemente a bollare quest’opera come una tra le più pessimistiche di Verdi, basandosi soltanto sulla versione del 1862.

Nel capitolo terzo sono calzanti i riferimenti autobiografici ricavati dai melodrammi. In particolare è commovente come l’autore presenti con delicatezza alcune fragilità del grande compositore, come quella che riguarda i difficili rapporti tra padri e figli, che Verdi inserisce spesso nelle sue opere, forse pensando ai propri bambini scomparsi prematuramente di stenti, e che nello stesso tempo contrastano con il silenzio riguardo ai figli di Giuseppina Strepponi, che non furono mai accolti dal maestro. Forse un po’ più complicato il ragionamento sulla risata finale di Falstaff, ma indubbiamente intrigante anche in un’ottica di metateatro.

Notevole la conclusione: arriva quasi come dimostrazione matematica di tutti i dati approfonditi e sviscerati in precedenza con il rigore di chi non vuole influenzare il lettore ma presentare un dato oggettivo. E alla fine l’ipotesi che Giuseppe Verdi, stregato forse da Manzoni, fosse diventato nel corso della sua parabola umana un autentico credente diventa non solo plausibile ma certa, come è certa la fede limpida di chi si affida a Dio.

Un libro convincente, ben scritto, ricco di spunti di riflessione e di notizie rare, assai scorrevole perché avvincente come un romanzo. Dovendo trovare per forza un neo, suggerirei magari di costruire una tavola sinottica essenziale, che contenga in tre colonne diverse gli avvenimenti principali della vita di Verdi, la produzione di musica sacra e il vasto repertorio operistico, affinché il lettore possa meglio orientarsi, dato che il saggio non propone un itinerario cronologico ma speculativo.

Un ringraziamento all’autore per la sua chiarezza espositiva.

Di Nicola_Copertina_Un credente in maschera