Renzo Paris: «La poesia è il concentrato di Bellezza di cui tutti hanno bisogno»

Renzo Paris: «La poesia è il concentrato di Bellezza di cui tutti hanno bisogno»

Conversazione con Renzo Paris, uno dei maggiori poeti e romanzieri contemporanei.

Renzo Paris è considerato uno dei maggiori poeti e romanzieri contemporanei. Amico di Pier Paolo Pasolini e di Albero Moravia, di Dario Bellezza e di Antonio Veneziani. Punto di riferimento della Scuola Romana di Poesia. A ventitré anni Moravia gli regala una macchina da scrivere per il suo matrimonio. La scrittura di Paris, come sostiene l’amico Veneziani “parla di carne e spirito, di terra e di aria, di realtà e di sogno”, le sue pagine “sanno di pane appena sfornato e di sesso consumato con rabbia”.

Quale ruolo ha la poesia oggi?

Il ruolo sociale certo no, la gente non la legge la poesia, molti la scrivono, ma pochissimi la leggono. Dal punto di vista simbolico dovrebbe avercene tanto di ruolo, anche perché la poesia è il concentrato della bellezza di cui tutti hanno bisogno.

Qual è il tuo ricordo di Moravia e di Pasolini?

Potrei stare ore a parlare sia dell’uno sia dell’altro, però voglio ricordare quando ancora non li conoscevo. Ero a piazza del Popolo, li ho visti tutti e due uscire dal Canova ed entrare nel portone della casa di Moravia, sembravano il gatto e la volpe. Li ho seguiti fin dentro il portone, prima Pasolini poi Moravia si sono girati, io li ho guardati un attimo poi mi sono vergognato e sono uscito. Questo è stato il primo incontro. Ero un ragazzo, avevo diciotto forse diciannove anni.

“La vita personale” è il titolo di un tuo libro. Chi è Renzo Paris?

Ne “La vita personale” c’è un personaggio che si chiama Renzo Paris che si sdoppia e quindi c’è il racconto di tre donne che ho incontrato, soprattutto della Scuola Romana di Poesia. Ma in genere questa è una domanda che bisogna fare allo scrittore. Proust diceva che lo scrittore ha un “moi profond” cioè ha un “io profondo”, verso il quale l’io della vita quotidiana ha qualche problema a riconoscersi.

Ne “Il fumo bianco”, l’ultima tua raccolta poetica c’è la Marsica della tua infanzia e la Roma dagli anni ‘50 ad oggi, mentre in “Album di famiglia” c’è la tua famiglia…

Sono arrivato a Roma che avevo tredici anni e siccome sono stato subito un accanito lettore, cioè sono diventato uno che aveva bisogno di cercare una famiglia, questa famiglia era quella degli intellettuali, dei poeti e degli scrittori. Roma allora era vivissima, c’era appunto Moravia, Pasolini, la Morante, Sandro Penna, Amelia Rosselli, il mio collega e amico Dario Bellezza. Quindi era un momento particolare, per cui queste persone per me erano lo zio, il fratello maggiore, il padre che non voleva essere padre. Quindi questa ricerca della famiglia intellettuale è stata interessante e ancora adesso la ricordo.

In “Cattivi soggetti” c’è invece il ’68, la contestazione …

Ma la contestazione, a parte l’aspetto involutivo delle brigate rosse, degli assassini, invece dal punto di vista sociale, dal punto di vista del costume soprattutto, perché da lì cominciò una rivoluzione sessuale, si cominciò a parlare non del sesso come riproduzione ma dell’amore nei confronti dei corpi, sganciato dalla riproduzione. Lì è cominciata questa nuova era, io non so se in bene o in male però.

Ne “Il fenicottero” tu racconti la vita segreta di Ignazio Silone: comunista emergente degli anni Venti, collaboratore della polizia fascista e poi convinto accusatore del comunismo…

Ma io veramente ho cercato di raccontare i primi trent’anni di Secondino Tranquilli che poi diventerà Ignazio Silone e questi trent’anni sono una sofferenza schizofrenica fortissima. A me interessava capire come si arriva a scrivere un capolavoro come “Fontamara”. E lui riuscì a scriverlo proprio perché aveva abbandonato il comunismo, aveva abbandonato il rapporto con Guido Bellone, il commissario fascista con cui a volte collaborava. Aveva abbandonato ogni idea politica di quel tipo e aveva cominciato a scrivere “Fontamara”. Io ero incuriosito di sapere come si riesce a scrivere un capolavoro, che certo non è un romanzo d’intrattenimento come vanno di moda oggi.

Il tuo prossimo libro?

È un libro su Pasolini si chiama “Ragazzo a vita” e uscirà a ottobre.

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Renzo Paris, poeta, narratore, saggista e docente di Letteratura francese all’Università di Salerno e poi di Viterbo. È nato a Celano (Aq) nel 1944, vive dal 1957 a Roma. Negli anni ha pubblicato diversi libri, fra i più noti: “Cani sciolti” (Transeuropa, 1988, tradotto in Francia), “Frecce avvelenate” (Bompiani, 1974), “Filo da torcere” (Feltrinelli, 1982), “Le luci di Roma” (Theoria, 1990), “Squatter” (Castelvecchi, 1999), “Ultimi dispacci della notte” (Fazi, 1999, tradotto in Germania). Ha raccolto le sue poesie in “Album di famiglia” (Guanda, 1990). Nel 1988 ha pubblicato un libro autobiografico sul ’68 “Cattivi soggetti” (Editori Riuniti), nel 1995 “Romanzi di culto” (Castelvecchi) e un anno dopo la biografia di Alberto Moravia “Una vita controvoglia” (Giunti). Ha tradotto e commentato le poesie di Corbière, Apollinaire, Prévert. I suoi ultimi libri sono “Gli ultimi fuochi del Novecento”(Iacobelli Editore, 2013), “Il fumo bianco” (Elliot, 2013) e “ Il fenicottero. Vita segreta di Ignazio Silone” (Elliot, 2014).