"Petali di Marta". Intervista a Cinzia Alibrandi

“Petali di Marta”. Intervista a Cinzia Alibrandi

Intervista a Cinzia Alibrandi, istrionica autrice del romanzo “Petali di Marta”, pubblicato a maggio da Edizioni Ensemble.

Cara Cinzia, in Petali di Marta, sembra che tu abbia messo molto del tuo bagaglio personale. Entrambe avete un passato nella recitazione, entrambe provenite dal Sud e avete vissuto a Roma. Quanto la tua esperienza e il tuo vissuto hanno contato per la scrittura di questo romanzo?

Credo che il famoso bagaglio individuale sia un carico che inevitabilmente si sposta sulla pagina. L’autore scrive da ‘persona’, da essere sensibile che osserva e registra ed ha vissuto una sua storia di vita. Eppure la pagina e il respiro della narrazione si tramutano e diventano ‘altro da sé’. Ho un passato di attrice dunque racconto e descrivo un mondo che conosco ma il personaggio di carta si anima e sostanzia in un modo tutto suo. A tal proposito ho finito di leggere il mio libro stampato e la prova è che l’ho fruito da lettrice non da autrice. Ne ho assaporato la trama e la cifra dei personaggi in un processo di totale ‘straniamento’. Insomma ho abitato il mio libro come chi entra in una casa sconosciuta e questa è la magia suprema della lettura.

La figura di Marta come donna è perfettamente riconducibile alla nostra contemporaneità. Una ragazza che cresce fino a diventare donna facendosi spazio tra tre grandi amori, tre uomini ingombranti, tutti fin troppo talentuosi nel proprio campo, nonostante questo lei riesce a trovare la sua strada, impara a vivere da sola con le proprie gambe. Eppure la storia non è narrata nella contemporaneità e a colpire è proprio questo, come sia facilmente accostabile agli anni duemila. Da dove deriva la forza di Marta?

Qualunque libro ha una periodicizzazione che, se il plot funziona, si perde: cadono per magia le pareti del tempo e dello spazio e la vicenda si eternizza in modo atemporale. In Petali di Marta, la mia Marta, afferma giustamente il mio grande prefatore Andrea G. Pinketts, può essere un’eroina romantica fin de siècle oppure – come evoca il suo nome – una tosta guerriera dei giorni nostri. Rispondo con una provocazione e un paradosso. La forza di Marta consiste nella sua debolezza. Marta parte con un gap terribile a giocarsi la partita con la vita: il suicidio del fidanzato Manfredi. Non spezzo la curiosità del mio lettore perché il romanzo inizia con il funerale del fidanzato e da quel momento lei deve ricostruire se stessa e, apparentemente schiacciata da un passato ingombrante, trova risposte al massimo sistema della vita: vivere. Impara dunque a crescere dosando la fatica del quotidiano sulle sue forze. A dispetto degli uomini importanti con cui si relaziona, si smarca da loro, anche se con le ovvie difficoltà di una ragazza tra i sedici e ventiquattro anni ancora non smaliziata, dal cuore pulito e non temprata dall’esperienza.

Sappiamo che il titolo del romanzo è stato scelto da Andrea G. Pinketts, tuo grande amico, ci puoi dire altro su questa scelta?

Pinketts ha scritto la prefazione e scelto il titolo del mio primo e fortunato libro Anna e i suoi miracoli (Armando Siciliano editore), e litigai con lui in modo furibondo perché ne volevo un altro. Qui sono stata accondiscendente perché aveva visto bene sulla precedente decisione! Pinketts con me si è speso con generosità presentandomi in numerose piazze come Milano, dove vivo, e il salone del libro di Torino. Tengo a sottolineare la stupenda immagine di copertina, donatami dalla famosa fotografa Agnes Spaak, tratta da una sua mostra di successo ‘Le reve dans le reve’. A breve riprendo un tour promozionale in autunno. Con il mio libro sono approdata anche a Dublino e ora mi aspettano a Londra all’Italian bookshop, dove andai col primo libro e dove è già in vendita Petali di Marta. Inoltre ho saputo da poco di aver vinto il Premio Sicilia 2014 e a novembre saprò i dettagli della cerimonia.

Passando allo stile, il romanzo è strutturato in modo molto particolare: ogni capitolo è come un racconto breve, alcune volte non supera le quattro pagine e ogni fine capitolo è strettamente collegato al capitolo successivo con la scelta di un richiamo. Cosa ti ha portato a fare queste scelte stilistiche?

Scrivere non è solo liberare emozioni. Scrivere prevede avere una tecnica e adottare scelte stilistiche. La frammentarietà del libro diviso in capitoli brevi in realtà dà il corpo globale del libro medesimo, e tutti i titoli dell’indice risultano una sinossi della storia, legata da una catena linguistica tramite un verbo o un sostantivo che aiuta  il lettore a recuperare la trama laddove l’aveva interrotta. I lettori che mi hanno scritto hanno gradito molto questa modalità. Oggi leggere è spesso ritagliare un’intercapedine dentro una vita frenetica, e l’interruzione della lettura qui è indolore; si recupera subito il classico ‘dove ero rimasto?’.

Per finire, sappiamo che questo è il tuo secondo romanzo, che differenza hai trovato nello scrivere i due romanzi. In qualche modo hai trovato più facile scrivere il secondo?

Io affermo che scrivere è una pratica salvifica e malefica al contempo: non esiste opera più facile o difficile da scrivere. Esiste lo scrittore e la materia che prende forma. Si è assaliti da momenti di felicità di fronte a una pagina ispirata e dallo sconforto quando la storia non si dipana come dovrebbe e si desidererebbe. Comunque il secondo libro da un lato consacra un’attività di scrittura, dall’altro deve confermare in chi legge le aspettative del primo, nel mio caso molto positive e gratificanti. La differenza: Anna e i suoi miracoli parla di un amore adulto, di una donna che sa amare e viene amata male; qui si narra di un amore giovane, di una ragazza che non sa amare e viene amata bene: sono le due facce della medaglia nei rapporti affettivi, ma il trait d’union è la capacità di essere persone indipendentemente da chi hai di fronte. Sembra facile eppure non lo è affatto! Mi scrivono molte persone, donne soprattutto, che mi chiedono consiglio, fregiandomi di una competenza in vissuti amorosi. Ritengo che dobbiamo coltivare la capacità di sostenere le sconfitte e pianificare il futuro, guardando sempre quel famoso punto lontano che si chiama orizzonte. Insomma la tenacia e la positività pagano sempre. (Tappe prossime del 2013 Parma, Livorno, Pisa, Pistoia, Asti, un ritorno dopo maggio a Genova, doppio appuntamento romano alla fiera più un mega evento con il modello che già mi ha seguita con Anna e i suoi miracoli, Davide Giliberti, che rientra in Italia dopo i successi asiatici).

Alibrandi