"La ciociara" di Alberto Moravia: il disastro e la tragedia della guerra

“La ciociara” di Alberto Moravia: il disastro e la tragedia della guerra

Pubblicati da “Sinestesie” gli atti del Secondo Convegno Internazionale dedicato al celebre romanzo di Alberto Moravia.

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Cesira sostiene che “la guerra sconvolge tutto e, insieme con le cose che si vedono, ne distrugge tante altre che non si vedono eppure ci sono”. Raccontato con il suo linguaggio “popolano” e la sua visione del mondo, la “ciociara” è capace di condensare in un’immagine tutto il dolore e la miseria della guerra, l’abbrutimento dell’umanità e l’annullamento nella violenza. Unica figura positiva è Michele (omonimo del Michele de Gli indifferenti, più maturo e consapevole), l’idealista comunista fucilato nell’ultimo atto di resistenza ai tedeschi, l’eroe che si sacrifica in nome dei suoi valori. La lettura del “suo” Vangelo, fa comprendere a Cesira qual è il senso della sua esistenza durante la guerra fino a infondere in lei un sentimento di giustizia e di comprensione della vita. È proprio con Cesira che ricorda la lezione morale di Michele che il romanzo di Alberto Moravia si conclude: “per qualche tempo eravamo state morte anche noi due, Rosetta e io, morte alla pietà che si deve agli altri e a se stessi. Ma il dolore ci aveva salvate […] poiché, grazie al dolore, eravamo alla fine, uscite dalla guerra che ci chiudeva nella sua tomba di indifferenza e di malvagità ed avevamo ripreso a camminare nella nostra vita, la quale era forse una povera cosa piena di oscurità e di errore, ma purtroppo la sola che dovessimo vivere, come senza dubbio Michele ci avrebbe detto se fosse stato con noi.”

Pubblicati dalla casa editrice “Sinestesie” gli atti del secondo convegno internazionale “Alberto Moravia e La Ciociara. Letteratura. Storia. Cinema”, tenutosi a Fondi nel 2012. Un elegante volume di 260 pagine con gli interventi di studiosi a livello mondiale, da Dacia Maraini a Simone Casini, Angelo Favaro, Mark Epstein, Giulio Ferroni, Andrea Gareffi, Alberto Granese, Rino Caputo, Laurent Lombard, Alexander von Keyserlingk, Wei Yi, Dante della Terza.

Ma il punto centrale dell’opera moraviana oltre alla violenza della guerra è lo stupro da parte di un gruppo di soldati marocchini della giovane Rosetta, che da questo momento subirà un vero e proprio cambiamento: prima il silenzio, poi la ribellione. E il tutto accade in una chiesa “sotto gli occhi della Madonna”, come dice Cesira. Infatti, Moravia scrive al riguardo in una lettera del 1956 al suo editore Bompiani: “Il titolo resterà ‘La Ciociara’ benché il titolo più appropriato sarebbe ‘Lo stupro’. Anzi addirittura, alla maniera classica ‘Lo stupro d’Italia’”, come a sottolineare non solo la violenza sulla ragazza, ma lo stupro di un intero paese causato dalla guerra.

Memorabile la versione cinematografica diretta da Vittorio De Sica nel 1960 con la celebre interpretazione di Sophia Loren, che vinse proprio grazie a questo film il suo primo Oscar.

Il prof. Giulio Ferroni tiene a evidenziare che “La ciociara si chiude in questachiave consolatoria sotto il segno della conciliazione e del riconoscimento della forza del dolore, della sua capacità di superare l’indifferenza e la malvagità.” Non v’è dubbio che Moravia si nasconde dietro a Cesira, seppur da lui così diversa, per raccontare gli avvenimenti e le sensazioni della guerra da lui sperimentati nel rifugio di Sant’Agata, nella vallata di Fondi, in casa Mosillo e Marrocco, con la moglie Elsa Morante, durante i nove mesi dell’occupazione tedesca, dal settembre 1943 al maggio 1944. Dice bene il prof. Alberto Granese: “Moravia non racconta particolari eventi bellici, ma i loro riflessi fisici, psichici, connotati da un’irreversibile profanazione della personalità umana, trasformandone o addirittura ribaltandone i comportamenti.” Il ritorno a Roma segna molti cambiamenti per Cesira e Rosetta, viva è comunque la speranza di riprendere la loro vita nella normalità quotidiana, mentre la guerra continua in tutta la sua empietà e follia. Così è ancora vero ciò che la “ciociara” ha sempre pensato: “Tedeschi, inglesi, americani, russi, per me – come dice il proverbio – ammazza ammazza è tutta una razza”.

Ben convincenti sono le argomentazioni portate dalla studiosa cinese Wei Yi “La ciociaraè un testimone che ‘vola più in alto’ rispetto alla protagonista e ai personaggi maggiormente popolani, creando per il lettore un ineludibile senso di distacco tra capacità di analisi e giudizio intellettuale ed immedesimazione, senso di partecipazione, nell’esistenza vissuta di questi personaggi.” Mentre il prof. Dante Della terza sostiene nella sua relazione conclusiva: “Quella che per alcuni è Provvidenza o azione della Provvidenza, per altri si svolge a disastro e tragedia, dove le proiezioni esplorative che includono veri e propri itinerari di chiarificazione del rapporto salvezza-perdizione in guerra, tra vivi e salvi e morti e perduti, pertengono allo spazio operativo di uno dei momenti più concretamente ricostruibili di tutto il periodo di sosta sulle macere.” Proprio quelle “macere” simbolo di distruzione, ma anche di ricostruzione, di libertà dalle sofferenze della guerra.

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