Il totale cambiamento del romanzo moderno tra il XVIII e il XIX secolo

Il totale cambiamento del romanzo moderno tra il XVIII e il XIX secolo

Nel romanzo moderno, le grandi e realistiche tradizioni, sia per la trama sia per la voce autoritaria che in essa si rispecchiava, vengono abbandonate o cambiate.

Il primo fra gli elementi fu la cronologia, la quale subì un totale cambiamento: la lunghezza non aveva l’importanza precedente. Il tempo stesso veniva considerato diverso. Il filosofo Bergson vedeva il tempo come una “finzione”; egli rifiutava, infatti, la linearità o il sequenziale progresso del tempo e propose invece l’idea come “flusso” del tempo stesso, o come la durata. Il tempo poteva essere veloce o lento secondo i diversi momenti dell’esistenza, come il ghiaccio avrebbe potuto dissolversi e scomparire velocemente.

Pe questo i minuti, i secondi, secondo i moderni romanzieri, il tempo cambiava secondo la mente, poteva essere, cioè, rappresentato da molte pagine narrative, oppure da due o tre parole, esso infatti dipendeva dall’importanza relativa di quel momento.

I sogni, i ricordi le fantasie interrompevano l’ordine cronologico sotto forma di flashback, la narrazione doveva dare la possibilità all’autore di muoversi avanti o indietro, a suo piacimento.

Il personaggio o i personaggi rappresentavano la consapevolezza dell’uomo di fronte all’umanità, attraverso una forma di irrazionalità che liberava i soggetti da ogni forma di costrizione, data soprattutto dal tempo e dalla logica.

Il Bildungsroman – viaggio umano alla scoperta dalla nascita fino alla morte, dall’innocenza all’esperienza, tipica del diciannovesimo secolo – non è presente nella letteratura moderna. I momenti di comprensione, appresi ed interpretati simbolicamente come momenti di rivelazione o epifanie, riprendevano il processo cronologico oltre la consapevolezza del racconto.

Un altro aspetto dei romanzi del secolo diciannovesimo era quello rappresentato dall’uso di un linguaggio definito “di ferro”, sfruttando opinioni e distanze tecniche.

Alcuni autori introducevano una serie di “voci” e toni differenti nei loro romanzi, qualche volta l’”io narrante” poteva diventare un altro personaggio del testo, rendendo la sua stessa figura assolutamente incomunicabile.

Nei romanzieri moderni, l’autore tradizionale, rimuoveva o sostituiva alcune tecniche narrative. Non esisteva più l’importanza del narratore in prima persona, e non aveva la funzione di essere il centro della verità e del significato, attraverso il lettore.

Il lettore, prendeva una parte significativa nella creazione del testo, cercandone il significato e separando le informazioni che riceve, relative alle emozioni.

Il monologo interiore, diventò una moda predominante nel discorso del romanzo moderno, infatti fu linguisticamente rappresentato dall’uso del” Discorso indiretto”, tale da permettere la libera espressione dei pensieri del protagonista senza ricorrere all’uso di “Egli disse” o di “Ella pensava”.

Si trattava di una forma elastica che permetteva all’autore di esplorare la mente di un personaggio inventato, disdegnando le forme strutturali linguistiche come il punto, la sintassi e la grammatica.

Questa forma dava modo all’autore di rappresentare qualcosa di irrazionale, di inconsistente, una libera interpretazione fra natura e esempi sul pensiero umano.

Tutto questo nel diciannovesimo secolo rappresentava la necessità fra gli scrittori emergenti, descrivere le loro vite, la moralità e discutere della loro filosofia.

Effettivamente le prima guerra mondiale aveva procurato una forma di dissociazione fra l’uomo e la società.

La letteratura dipinge l’alienazione e la frammentarietà di questi temi. Alcuni narratori, come J. Conrad, citato nell’articolo precedente, amava dipingere i suoi personaggi fuori dalla sua naturale società, attraverso i limiti delle esperienze normali e studiare le reazioni dell’uomo in difficoltà, usando potenti immagini sconosciute, come il mare e l’Africa, a titolo sperimentale.

Altri romanzieri di quel tempo, studiavano, invece, le relazioni umane dell’individuo, come relazioni sessuali, relazioni amorose, familiari, sottolineando così la mancanza di comunicazione e gradualmente il disintegrarsi dei valori umani.

I romanzi assunsero, quindi, la qualità di poemi drammatici piuttosto che di cronaca.

Molti usarono temi mitologici, come la nascita, morte e rinascita, descritti in una stessa situazione.

I romantici e i vittoriani, tornarono, invece ai classici. L’uso delle metafore, si oppose a quella della metonimia, poiché i narratori di quel tempo, non videro il linguaggio come punto essenziale di riferimento, né al significato come problematiche da prendere in considerazione.

Il linguaggio metaforico liberò la lingua da ogni forma di specificità a permise alle parole di spaziare nel loro infinito significato.