Intervista a Diego Romeo, autore di “Racconti delle Lande Percorse – Come nasce un Cavaliere”

Intervista allo scrittore Diego Romeo, autore del romanzo fantasy-cavalleresco “Racconti delle Lande Percorse – Come nasce un Cavaliere”.

Caro Diego, il tuo romanzo è un connubio perfetto tra ideali e speranza, quali sono gli ideali che aiutano il tuo cammino in questa landa desolata che è la vita?

Ciao Francesca, prima di tutto grazie di cuore per questa bella opportunità: ne sono veramente onorato. Per quanto riguarda i miei ideali: da cattolico cerco di ispirarmi all’amore sconfinato che Gesù ha avuto verso di noi. Non è sempre facile amare allo stesso modo, ma grazie al sostegno di tanti amici, molti di cui disabili mentali anche gravi, cerco di rimanere alla sequela di Gesù. L’ideale di un caposaldo della spiritualità cristiana, dal titolo “L’imitazione di Cristo” da cui ho preso spunto per il mio romanzo.

A quanti anni ti sei avvicinato alla scrittura?

Da giocatore di ruolo incallito, ho sempre scritto dei brevi racconti da condividere con i miei amici nelle sezioni di gioco. Ovviamente, quando a 13 anni ho iniziato, le cose era semplici e a volte banali. Poi diventando adulto è cresciuto anche il mio stile. Mi auguro che questo progresso non si fermi mai: chi si ferma è perduto!

Libero istinto o pura razionalità, quale tra questi due moti d’animo prevale nei tuoi scritti?

Sono una persona molto istintiva, soprattutto nei sentimenti; tuttavia cerco di autodisciplinarmi alla razionalità, non si può vivere di pura improvvisazione. Non si può essere perfettamente metodici, altrimenti si rischia soffocare i sentimenti come l’amore per il prossimo che sono, a mio avviso, fondamentali per vivere. Per dirla con Siddharta “se le corde di un’arpa sono troppo lente non suoneranno, se sono troppo tese si spezzeranno.”

Che stile di scrittura adotti quando scrivi? Ne hai uno specifico e personale o ti lasci guidare dalla narrazione?

Non ho uno stile ben preciso, forse sarebbe meglio definirlo un insieme di scelte. Di solito parto sempre in un modo per finire nel risultato opposto…

Quanto tempo hai impiegato per la stesura di “Racconti delle Lande Percorse – Come nasce un Cavaliere”?

In verità per questo primo libro sono trascorsi 5 anni. Tutto questo tempo è dovuto al fatto che all’inizio la stesura di questo romanzo è nata per gioco, o meglio per sopperire al mio bisogno di fantasy (visto che sono un drogato del genere) che avevo dopo che per motivi vari avevo smesso di giocare. Quindi piano piano, cambiando la stesura non so più quante volte, alla fine sono arrivato ad un testo più o meno definitivo. Da lì la decisone, dopo averne parlato con un mio amico esperto del settore, di provare a pubblicarlo.

Quando hai scoperto di voler diventare uno scrittore? L’essere scrittore vuol dire sacrificio e pazienza, ti senti pronto per quest’ardua prova?

Almeno nel mio caso non parlerei di scoperta; si è trattato più di una “maturazione”. In effetti sono arrivato a questa consapevolezza alla fine di un lungo cammino: 5 anni per completare la mia prima opera! In tutto questo tempo ho elaborato e maturato la mia dedizione a quest’arte; per questo posso dire che mi sento abbastanza pronto per quest’ardua prova…

Grazia Deledda scriveva “Se vostro figlio vuole fare lo scrittore o il poeta sconsigliatelo fermamente. Se continua minacciatelo di diseredarlo. Oltre queste prove, se resiste, cominciate a ringraziare Dio di avervi dato un figlio ispirato, diverso dagli altri.” La tua famiglia ha sempre sostenuto nella tua scelta?

Avendo maturato questa mia passione in età ormai adulta, le persone che hanno subito questa mia dedizione non sono state mio padre, mia madre e le mie sorelle, ma piuttosto mia moglie e i miei figli. Devo dire che mia moglie mi è stata sempre molto vicina e mi ha aiutato molto, anche se ogni tanto qualche battuta me la fa, mentre i miei figli sono stati sempre molto orgogliosi del loro “papà scrittore” (anche se devo ammettere che essendo un po’ piccoli forse non hanno ben chiaro di che si tratti)

Come reputi il ruolo degli intellettuali moderni?

Penso che, in questo periodo in cui la crisi ha avvolto tutto con la sua morsa, anche la cultura ne stia risentendo profondamente. Sia in termini di risorse, perché i governi se devono iniziare a tagliare purtroppo iniziano sempre, in maniera molti miope, dalle risorse alla cultura, sia dal punto di vista della produzione intellettuale che sta subendo un impoverimento culturale enorme. Oggi non vi sono più passioni politiche e sociali: tutto è incentrato sul marketing e sulla massima resa economica dell’opera. Per questo, secondo me, il ruolo degli intellettuali è nevralgico per uscire anche dalla crisi, perché solo con una rinascita culturale e di ideali si possono gettare le basi per un nuovo futuro. Questo però non è semplice, perché spesso la gente si improvvisa intellettuale senza avere le basi per farlo. Non bisogna solo studiare molto, ma anche conoscere il mondo e le sue diversità e complessità; banalizzare o minimizzare i problemi e le popolazioni non è una mossa vincente. Altro problema è che la cultura fine a se stessa non sempre paga, e questo in una logica di mercato sfrenato, fa sì che le case editrici puntino più su prodotti dozzinali e più commerciali. Per questo il ruolo del web è fondamentale. Perché permette il libero scambio di idee e pensieri in maniera diretta, veloce e soprattutto gratuita.

Secondo te di sola scrittura si può realmente vivere oggi?

Sinceramente, anche se è il mio sogno, mi rendo conto che è oggi come oggi almeno in Italia è un utopia, per vari motivi. La principale è la condizione poco salutare dell’editoria italiana: le grandi case editrici puntano più su autori sicuri stranieri, affidabili per fare soldi, mentre le piccole realtà (sia a sottoscrizione che non) non fanno nulla per promuovere e distribuire le opere, lasciando l’incombenza all’autore che o non è capace o non ha i mezzi per farlo. Senza contare che uno scrittore dovrebbe scrivere e non commercializzare la proprio opera.

Parlaci del tuo romanzo d’esordio “Racconti delle Lande Percorse – Come nasce un Cavaliere”

Il romanzo che si sviluppa su quattro livelli narrativi ha come centralità due punti focali: la crescita interiore e l’assurdità della guerra. Attraverso la fabula il lettore può apprezzare l’evoluzione del protagonista: partendo come un adolescente impulsivo e rancoroso, arriva ad essere un adulto più saggio e con molte responsabilità. Un percorso (ambientazione a parte) comune a tutti noi e su cui ognuno di noi può riflettere e magari trarre delle conclusioni. Altro elemento molto importante è il discorso sulla guerra. La guerra vista come “madre di tutte le povertà”; la guerra che viene sempre voluta dai potenti (che non partecipano mai direttamente agli scontri) a discapito dei piccoli che invece anelano solo ad una esistenza tranquilla con la propria famiglia.  Non aggiungo altro per non sottarvi il piacere della lettura.

Perché hai scelto il genere Fantasy-Cavalleresco?

Perché fin da piccolo ho amato le storie dei Cavalieri e delle loro virtù. Hanno sempre incarnato la ricerca delle perfezione e della bontà. Modelli da seguire. Per me erano i veri supereroi, gente normale che cercava di eccellere nelle loro virtù attraverso la disciplina. Per questo mi sono sempre appassionato al genere Fantasy medievale perché fin da piccolo volevo essere come loro.

Il protagonista è un tuo riflesso?

È più di un mio riflesso! In questo mio primo romanzo ho commesso un errore comune a molti esordienti: ho voluto raccontare troppo di me, sono stato (pur nella fiction narrativa e nel mascheramento dietro il personaggio) fin troppo autobiografico. Ovviamente non sono un Cavaliere e non cavalco un Drago. Anche io ho avuto la mia crescita interiore: mi sono ritrovato alla disciplina di molti maestri e di molti amici e anche io ho cercato di farmi carico dei problemi di tante persone. In particolare sono quasi vent’anni che mi occupo di persone disabili. Insieme a mia moglie, ai miei figli e ai miei amici sono diventati la mia famiglia.

Hai tratto ispirazione da alcuni autori in particolare per la stesura del tuo romanzo?

Direi da più di uno. Senza dubbio il primo in assoluto, che considero il mio maestro (almeno per quanto riguarda il fantasy) è senza dubbio Tolkien. Lui, a mio avviso, ha gettato le basi del genere moderno, raccogliendo e ordinando tanti elementi tipici di tante leggende europee. Innegabilmente, il materiale inesauribile per questi racconti è nella storia, nel folklore, nella mitologia, e lo stile più adeguato sembra quello epico. Altri autori, anche se minori: Margaret Weis, Tracy Hickman e R. A. Salvatore.

Nel tuo blog (http://landepercorse.wordpress.com/) si legge a grandi caratteri “Un Uomo muore davvero solo quando muore l’ultimo dei suoi sogni!”. Qual è il tuo più grande sogno?

Ne ho tanti: per questo mi considero quasi immortale! Scherzi a parte, togliendo i sogni più personali, è che ci sia più giustizia nel mondo, perché non ci può essere pace senza la giustizia. Per questo ho maturato la mia esperienza nella Comunità di Sant’Egidio e per questo alla fine ho voluto intraprendere la difficile professione dello scrittore: attraverso la cultura, il sapere (quindi, i libri) si possano trasmettere tanti valori ed un certo senso educare alla giustizia. Ti ringrazio ancora per questo spazio e spero di non essere stato troppo “sopra le righe”. A presto Diego.