"Il senso del sempre", la poesia di Franca Canapini

“Il senso del sempre”, la poesia di Franca Canapini

Il senso del sempre di Franca Canapini

Recensione di “Il senso del sempre”, raccolta poetica di Franca Canapini.

Sapessi uscire dal porto che mi ancora
come questa nave vichinga
squadrata vela rossa al vento
e scorrere, fiume di lava
verso la vastità del mare aperto,
nell’impatto
diventerei una roccia sfagliata di parole

(tratto da Nel sé)

Questi pochi versi iniziali potrebbero esprimere il tipo di vocazione poetica di Franca Canapini, forse proprio per il titolo della poesia e per il suo impatto, che ne riassume la forza, la dimensione antica e anche frastagliata che accompagna il suo comporre versi.

L’ultima silloge di Franca Canapini (Il senso del sempre, Helicon Edizioni) è stata una gradita sorpresa. L’autrice alla sua terza pubblicazione ha offerto una prova di maturità.

Sono tre gli elementi che denotano la poesia della Canapini: la natura, l’identità cittadina e sociale della sua generazione (fino a farsi ‘glocal’) e il richiamo alla dimensione antica e mitica.

C’è anche un forte ritorno all’infanzia, sia quella vissuta che quella che circonda l’autrice. Una memoria emotiva degli anni bambini che tingono di candore pasquale il mondo fisico: Ma se era solo questo/ solo questo che dovevo trovare/un altopiano di cenere bianca/e di piccola luce/su minuscoli fiori (simili alle immagini dei libri bambini)/se questa è la vetta,/la conoscevo. (La meta)

L’infanzia come territorio della coscienza vera delle cose. Da bambino sapevo tutto – diceva Picasso –, ho passato tutta la mia vita a recuperare ciò che avevo smarrito.

La naturalità come elemento tipico del femminile, con l’incedere della stagioni, dei ritmi, con il suo carro di doni, primizie, umori e sapori, altro assioma caratteristico dell’opera della Canapini. Quella natura che si incide forte nella donna, e che è uno degli archetipi del femminile. Se quindi la natura si esprime nell’umiltà e nella bellezza di un piccolo borgo – invidio solo quella, esposta a mezzogiorno/poggiata alla minuscola chiesa di campagna/che apre al sole modesti fiori allegri/antica, solitaria, beata (L’affanno delle rose) – c’è anche quella potente che irrompe, crea solchi e collegamenti del destino, metafora stessa di vita – Se due fiumi/s’incontrano per caso,/mischiano le acque./Se contro lo scoglio/si separano,/saranno due fiumi di nuovo./Ma chi potrà dire/questa è la mia acqua/questa è la tua acqua?/Ormai le acque si sono mescolate. (Il senso del sempre). Ma in “1, 2, 3” dopo il mare grosso c’è sempre un evento normalizzante, la vita mostra il suo volto gentile, perché sulla battigia verranno i bambini, ne faranno decori;/frammenti di vita/da incastrare sulla sabbia,/per fantasie di sogni allegria di tana.

Una certa sottile influenza esotica, di sapienza africana, trapela qua e là, sottili reminiscenze di viaggi e acquisti femminili, di mercatini e attenzioni ai dettagli.

La natura e il villaggio italiano sono invece il logos di certezze, dove assorbire verità incorruttibili dalle mode e dal tempo, nei quali ritrovarsi, ma rappresentano anche l’endemismo di uno stato esistenziale da cui si riparte sempre: è tempo di lasciare il campanile/salutare le vie della città/tentare l’incerto e la fortuna/scivolare dalla casa nel mattino/andarsene in silenzio/come i nomadi/nel sangue il fascino/atavico del viaggio (Come i nomadi). Per poi trovare, in “Noi, che abbiamo oltrepassato il novecento”, il telefono nero al posto pubblico/il telefono grigio in casa/lo scooter, l’automobile/la sirena della fabbrica/e svegliarci la mattina/e razzi che fendevano lo spazio. ‘Nessuno avrebbe sradicato da noi la fame e l’oscuro sogno di riscatto‘, interviene una sorta di coro, che rafforza ulteriormente e rende polifonica la poesia della Canapini. In corsivo nella sua poesia si trovano spesso frasi che amplificano ed entrano in dialettica con i versi. E’ una terza voce collettiva, potente che inquadra il senso delle cose, che è anche il senso del sempre! Continuando, Non sappiamo più dire cos’erano/quelle città scure, i libri, le lingue diverse/quel contestare i nostri vecchi/quella volontà decisa di affermarci/nelle piazze insieme quel ritrovarci/e ci disperdemmo in fabbrica, in ufficio/nelle scuole, nei negozi/rinnovammo case, mobili, parenti/c’ingozzammo di barche, telefonini/ci attaccammo ai fili del computer.  C’è poi quindi la poetessa che è una donna del nostro tempo, quella assorbita dai ritmi della città, dalla cura dei figli, dei problemi condivisi, degli impegni casalinghi e del lavoro. Una donna che si affaccia alla finestra della vita, ma che ode anche i rumori dal mondo, di quel mondo che si fa finestra collettiva dal televisore o da internet, portando sempre dentro di sé “Scorie” at-traverso sogni appiccicosi di catrame/ferri contorti e imperitura plastica misti alla mia essenza di fiume./I pesci sopravvissuti cambiano squame/distilla il sole l’acqua/nel mio letto resta il bitume, però prima ancora ci viene rammentato che dall’alto delle guglie fiorite del duomo di Milano/erano piccole macchie semoventi/le genti sparse sull’asfalto/gli omini in corsa per l’ufficio/la famiglia affannata/ le donne dal piede deciso/’altra, la vita altra’.

Di collane e dettagli della vita quotidiana, di oggetti che ci accompagnano facendo riaffiorare alla memoria le vittorie e le sconfitte, le sofferenze, le meraviglie dei parti, gli innamoramenti dei figli, ma poco rimane, di quei giorni consumati/nella conchiglia legata sopra il cuore. (Lo sciamano), mentre fuori bussa il bisogno perché c’è nessuno in centinaia di occhi/Sono l’invisibile spogliato di tutto./Voglio la libertà di dipingermi la vita./(…)Imparerai a spartire i tuoi tesori: sono l’ospite sacro a cui devi rispetto. Anelo vita anch’io in questo mare nostrum (Speranza di vita).

La donna che viaggia e che vive ciò in una dimensione antica, cercando di percepire quell’essenza delle cose che lo scorrere dei secoli non cancella, cui possono fare da preludio quei porti aperti al vento/di tutta quella luce respinta/dai portici delle viuzze;/degli odori miscelati – cibi muffe spezie/dei nugoli di genti diverse? (L’insidia dei porti).

Franca Canapini si direbbe una poetessa “magnogreca”, tratto piuttosto evidente, sia nel ricorrere alla mitologia antica, sia nel suo modo di comporre versi, nel cogliere un’essenza (nel suo sentire direi), che si tesse con sapienza remota, anche nel gusto del coro. Non una poetessa che somiglia o copia gli antichi, ma modernamente ne coglie in pieno lo spirito. E – indistruttibile – la Grande Madre inonda di latte il tempo dell’uomo (Anatolia). Calipso, che nasconde/non muore e non invecchia/Calipso ricorda: amore è il bene dell’amato/amore è il sacrificio di se stessi (Calipso dopo).

Echeggia in lei l’eco degli eventi, perché nel mondo antico determinate vittorie o una sconfitte non succedono solo la volta in cui accadono, ma sempre. Il mondo antico eterna i propri fasti e le proprie rovine, così Troia è una mescola furente di eroi e di dei/che crolla da millenni spazzata dal destino. Ma Troia non finirà mai di crollare, quindi in questo modo è e rimarrà sempre viva, così come Calipso e Odisseo dialogheranno dentro le nostre vite, e noi cercheremo in loro qualcosa di atavico e imperituro che ha il suo fortilizio negli uomini di ieri, di oggi, del futuro. Così anche Amore e Psiche, Prometeo, Minerva e Demetra (poesie della parte finale della silloge), non cessano di inoltrarci le voci delle loro passioni.

Non si stanca l’uomo antico di agitare quel fusto le cui radici albergano in noi.

Franca Canapini è nata a Chianciano Terme (Siena). Vive con la sua famiglia, ad Arezzo, dove ha svolto l’attività di insegnante. Nel 2010, essendo risultata vincitrice del Premio Internazionale di Poesia Jacques Prévert 2009, le è  stata pubblicata dalla casa editrice Montedit la raccolta poetica Stagioni Sovrapposte e confuse, che ha ottenuto il terzo premio ex-aequo Tagete 2010.
Nel 2011 ha pubblicato per Aletti Editore la silloge Tra i solstizi.
Suoi lavori si trovano in diverse antologie e riviste di poesia, in vari siti e blog culturali.

Franca Canapini