Silone: Il grano e il loglio sotto la neve. Una risposta a Dario Biocca

Silone: Il grano e il loglio sotto la neve. Una risposta a Dario Biocca

Continua il dibattito su Ignazio Silone scaturito dall’articolo di Alessandro La Monica in merito alla collaborazione dello scrittore con la polizia fascista.

Primo articolo del prof. Alessandro La Monica: Silone quale dissimulazione?
Risposta del prof. Dario Biocca

Dario Biocca risponde al mio articolo-resoconto su Silone ribadendo la sua posizione («Confermo, in ogni dettaglio [sic!] quanto ho già scritto») in merito alla collaborazione dello scrittore con la polizia fascista. Approfitto dell’invito garbato dello studioso per elencare i motivi di disaccordo e per proporre un passo in avanti.

Innanzitutto mi preme sottolineare che non sono né un innocentista né un colpevolista a priori: l’ammirazione per i romanzi dello scrittore abruzzese non m’impedisce, infatti, di riconoscere eventuali lati oscuri della sua personalità. Pertanto ciò che penso del “caso Silone” non trova rispondenza nelle parole ironiche con le quali Biocca descrive le opinioni dei suoi interlocutori («Alla fine, dunque, è tutto vero ed è anche tutto falso, una tempesta in un bicchier d’acqua, chiasso mediatico. Silone resta Silone»).

Mi scuso per quest’ovvia premessa e per lo spazio non breve che richiederà la mia replica, nella quale invito lo stesso Biocca a rispondere con precisione, se vorrà, alle molte obiezioni che altri studiosi[1] (in particolare G. Tamburrano-G.Granati-A. Isinelli, in Processo a Silone. La disavventura di un povero cristiano, 2001 e in Il «caso» Silone, Torino, 2006, nonché S. Soave, Senza tradirsi, senza tradire. Silone e Tasca dal comunismo al socialismo cristiano (1900-1940), Torino, 2005) muovono da tempo alla sua ricostruzione. Biocca scrive di aver già risposto in «saggi, articoli, interviste»: a me non sembra che abbia risposto in modo convincente, ma in ogni caso lo invito a ripetere quanto già detto in un prossimo articolo, in modo che i lettori di Patria Letteratura che non conoscono quelle risposte possano valutarle serenamente.

Come ha inizio il “caso Silone” e quali sono stati i suoi momenti-chiave e i suoi protagonisti? Cercherò di essere il più breve possibile, cominciando con riconoscere a Biocca un indubbio merito, quello di aver fatto conoscere ai lettori e agli studiosi di Silone un particolare sconosciuto e sconvolgente della sua biografia. Nel 1996, in un convegno della Stanford University tenutosi a Firenze, Biocca presentò due note della Polizia politica, rispettivamente del 1935 e del 1937, in cui si legge di un tentativo da parte dello scrittore di collaborare con le autorità fasciste per essere utile al fratello minore, Romolo Tranquilli, che il 12 aprile 1928 era stato arrestato assieme ad altri perché ritenuto corresponsabile dell’attentato alla Fiera di Milano. Nella prima di quelle note si legge:

«… del fratello Romolo, che egli [Silone] cercò di giovare [sic] quando tentò di prestarsi come nostro informatore»;

nella seconda:

«diede a vedere di essersi pentito del suo atteggiamento antifascista e tentò qualche riavvicinamento con le Autorità italiane mandando, disinteressatamente, delle informazioni generiche circa l’attività di fuorusciti. Ciò fece nell’intento di giovare al fratello» [c. m.].[2]

In seguito, un funzionario dell’Archivio di Stato, Aldo G. Ricci, inviò al quotidiano “la Repubblica”, perché la rendesse nota ai lettori, una lettera datata 13 aprile 1930 e inviata dalla Svizzera alla sig. Emilia Bellone di Roma (in realtà al commissario di polizia Guido Bellone, suo fratello) in cui il mittente, “Silvestri”, scriveva di non poter più continuare a «vivere nell’equivoco» e di voler cominciare una nuova vita per «riparare il male che aveva fatto», malgrado avesse la «coscienza di non aver fatto un gran male né ai suoi amici né al suo paese». Nella lettera, inoltre, “Silvestri” diceva di voler chiudere «un lungo periodo di rapporti leali» con il suo destinatario, il comm. Bellone. Malgrado lo scetticismo iniziale di alcuni studiosi e amici dello scrittore, tutti finirono con il riconoscere che dietro “Silvestri” si celasse Silone: oltre alla grafia e ad altri particolari collegati a Silone nella lettera si leggeva:

L’influenza e la popolarità che in molti centri di emigrazione ho acquisito mi inducono a concepire la mia attività futura (appena sarò del tutto ristabilito in salute) nella forma di un’attività letteraria ed editoriale del tutto indipendente.[3]

In seguito vennero pubblicate altre tre lettere, risalenti al luglio ’29: due firmate ancora “Silvestri” e una terza senza firma, ma recante la dicitura a margine «Questa è di Silvestri».[4] Nella prima di queste missive, del 5 luglio ’29, Silvestri-Silone informa sul proprio ricovero in una clinica privata e sull’impossibilità per Bellone di venirlo a trovare; egli inoltre affermava: «mi è fisicamente impossibile restare con lei [con Bellone] negli stessi rapporti di 10 anni fa». Quindi Silone aveva conosciuto Bellone dieci anni prima, attorno al 1919: ma di quale natura erano questi rapporti? Difficile dirlo.

Biocca e il suo collaboratore Canali,[5] invece, sono sicuri che la sua attività di informatore partì già dal 1923, anzi – azzarderà Biocca nel suo volume del 2005, probabilmente sulla scorta della lettera del 5 luglio ’29 appena citata – dal 1919. Gli elementi che i due studiosi adducono per una tale estensione temporale della collaborazione di Silone sarebbero da individuare in una lunga serie di documenti, che essi hanno pubblicato nel volume L’informatore: Silone, i comunisti e la polizia; in particolare si tratta complessivamente di 52 informative collocate in appendice (31 pubblicate da Canali, 21 da Biocca). Si noti che dei documenti curati da Canali ventinove sono del 1923, uno è del 1924 e un altro è privo di data; delle carte pubblicate da Biocca, invece, due appartengono al 1923, undici al 1924, una al 1925, tre al 1927, una al 1928 e tre al 1929. Non sembra strano che il Silone-spia dipinto dai due studiosi invii una informativa nel ’25, una nel ’28 e addirittura nessuna nel 1926?

A parte ciò, è bene chiarire che tali carte (1923-27) non sono mai firmate “Silvestri”, anzi non recano mai il nome del mittente. Qual è dunque il criterio attributivo utilizzato da Biocca-Canali? Soprattutto la coincidenza tra la data e il luogo in cui le informative furono scritte da un lato e la permanenza dello scrittore abruzzese in quei diversi paesi (Francia, Spagna, Germania, Belgio) dall’altro. Si capisce bene come tale criterio, da solo, sia debolissimo: i paesi citati, soprattutto la Francia (sede del Centro Estero del Partito) da cui è inviata la maggior parte delle lettere, sono pieni di comunisti, anche di alto rango (ad esempio Togliatti, Tasca, Grieco). Basterebbe solo questo a definire come insufficientissima tale documentazione ai fini di un’attribuzione a Silone, ma studiosi come Granata e Isinelli sin dal 2001[6] sono andati oltre e con un’analisi meticolosa hanno dimostrato che molte di queste lettere, quasi sempre prive di mittente e a volte anche di data di invio dall’estero, non possono essere di Silone. Non si può ripetere quanto esemplarmente osservato dai due studiosi, ma si può fare qualche esempio. Canali attribuisce a Silone un’informativa anonima, proveniente genericamente dalla Spagna e senza data d’invio, che venne trasmessa dalla Questura di Roma al Ministero degli Interni il 25 novembre 1923 (doc. 27); Biocca, dal canto suo, attribuisce a Silone, senza evidentemente accorgersene, altre due informative (docc. 1 e 2) provenienti «da un fiduciario che è in Francia» e da un altro «attualmente nel Belgio» e inviate dalla Questura di Roma al Direttore Generale della PS rispettivamente il 25 e il 26 novembre 1923: come faceva Silone a trovarsi nell’arco di due giorni in tre Paesi diversi? È evidente che una sola della tre lettere, eventualmente (cioè la prima, visto che il 25 novembre Silone si trovava in Spagna), può essere attribuita allo scrittore. Tale criterio va evidentemente esteso a tutti quei documenti che provengono da diversi paesi in un intervallo temporale ristretto. Altro metodo discutibile è quello che attribuisce senz’altro a Silone un’informativa che non precisa la città di provenienza, ma solo, genericamente, il paese: come quella che è spedita «da un informatore che si trova in Francia», la quale viene senz’altro collegata allo scrittore solo perché egli si trovava a Marsiglia, sebbene l’informativa potesse provenire da Parigi o da Lione.

Come si vede, l’attribuzione di diverse lettere inviate dall’estero in molti casi è da escludere ancor prima di leggerne il contenuto. Quando poi si passa direttamente al testo, tanti e tali sono gli errori e le assurdità contenute in altre informative, che ci si chiede come possano seriamente essere state collegate a un personaggio come Silone, figura di primissimo piano all’interno del PCd’I e buon conoscitore del Komintern, come ci ricorda lo stesso Biocca.[7] E allora come si può dare a Silone la paternità del doc. 13 dell’aprile 1923 (elenco Canali), in cui il nome di Dimitroj Manuil’skij – uno dei più noti dirigenti dell’Internazionale, incaricato tra l’altro di seguire la situazione italiana e per questo più volte nel nostro paese – è evidentemente sconosciuto allo scrivente («Tal Manoliski o Manoniliski»)? Si noti che il nome di Manuil’skij è storpiato anche nei docc. 12 e 24 della lista Canali e che nel primo di essi lo scrivente ignora che “Beruzzi” è lo pseudonimo dello stesso Manuil’skij; del resto che Silone sapesse correttamente scrivere il nome di questo dirigente lo si ricava dal documento 20 della lista Biocca, cioè da una delle lettere firmate da Silvestri-Silone del luglio 1929 («Manuilsky» scrive Silone, dove si nota una traslitterazione dal cirillico convenzionalmente accettata e rispettosa, al contrario dei casi indicati sopra, della fonetica; si veda l’attuale alternanza Dostoevskij-Dostoevsky, Trockij-Trotzky, ecc.). Come fa poi il presunto Silone autore del doc. 9 (lista Biocca) a non sapere dove si era tenuto il convegno nazionale del Partito (l’informatore scrive «mi consta abbia avuto luogo a Milano», mentre il convegno si è tenuto a Como)? Biocca ha risposto rilevando che la sede di tali riunioni veniva rivelata solo in prossimità della data, ma la stampa di partito, ad esempio L’Unità del 23 maggio 1924(un dirigente come Silone non la leggeva?), la davano come già avvenuta. È vero che l’unica data di trasmissione presente nell’informativa è quella in cui la Questura di Roma la inviò al Capo di Polizia, cioè l’8 giugno del 1924, ma se ci atteniamo al criterio seguito da Biocca-Canali, secondo cui in questi casi bisogna ipotizzare la data della redazione dell’informativa come avvenuta circa 3-4 giorni prima dell’invio dalla Questura al Ministero, si risale al massino al 4 giugno, cioè almeno 12 giorni dopo la data del Convegno: Silone avrebbe avuto tutto il tempo di conoscerne la sede. In ogni caso, seppur fossero fondate le osservazioni di Biocca, il documento contiene un errore impensabile in Silone: Togliatti, infatti, viene dato come leader del Centro invece di Gramsci… Il doc. 13 dell’ottobre 1924 (lista Biocca) sfiora invece la comicità: lo stesso Silone che nel giugno ’24, lo abbiamo appena visto, informava Roma che il convegno nazionale s’era tenuto da poco, scriverebbe nell’ottobre che «da due anni non vi è stata una consultazione nel partito»; ma questo è niente, dato che più avanti il presunto Silone usa espressioni tipicamente fasciste come «marea bolscevica» e – soprattutto – Bordiga viene definito come… anarchico («elementi anarchici come Bordiga, Negro, ecc.»). Per non parlare del documento 8 (lista Canali), inviato dalla Questura il 26 febbraio 1923, in cui si dice che il quotidiano socialista L’Avanti! era impegnato nella campagna per la riunificazione, voluta da Mosca, tra il PCd’I e il PSI («la direzione del PSI è già con Mosca. L’Avanti anche»): cosa, ovviamente, lontanissima dal vero. In altri casi si attribuiscono allo scrittore marsicano espressioni che possono essere formulate solo da un funzionario di polizia, ad esempio: «Contro il Longo v’è mandato di cattura» (doc. 10 lista Canali), informazione, questa, che solo un poliziotto poteva conoscere; oppure (doc. 7 Canali): «Nella corrispondenza trovata nell’ufficio di Bordiga, il sig. Rakoci è indicata col nomignolo di “pinguino”». A parte la stranezza dell’uso dell’appellativo “sig.”, da parte di Silone, per indicare il noto dirigente Mátyás Rákosi, ex segretario di Zinov’ev, incaricato di seguire le trattative per la fusione tra PCd’I e PSI[8], qui si riferisce di un’operazione, la perquisizione delle sue lettere e il rinvenimento in esse del soprannome “pinguino”, che solo un appartenente alla polizia poteva conoscere.

Nella risposta al mio intervento, Biocca forse ammette, seppur non esplicitamente, che tutti questi documenti non possono essere collegati a Silone quando, riferendosi a quelli che a suo parere sono forse i documenti più probanti, scrive:

Chi dunque, a giudizio di La Monica, sarebbe l’altro “Silvestri”, lo pseudonimo con il quale Silone firmava le informative, il quale dalla Francia nel 1924 scrisse alla Questura di Roma riferendo di un fratello disoccupato, di familiari in condizioni economiche disagiate e altro ancora di natura personale – ma fin troppo riconoscibile –, prima di svelare la struttura clandestina delle “Centurie comuniste”? E quale altro informatore denominato Silvestri avrebbe scritto alla Polizia appena pochi giorni dopo l’arresto di suo fratello chiedendo immediate rassicurazioni sulla sua sorte?

Qui lo studioso allude a due informative, una dell’ottobre ’24 e l’altra dell’aprile ’28. Sulla seconda di esse, tuttavia, non c’è discordia di pareri, visto che rientra, come si vede, nell’arco temporale (1928-30) – successivo all’arresto del fratello (12 aprile 1928) – nel quale tutti ritengono ormai che Silone abbia collaborato con la polizia fascista. Tale informativa (doc. 18 Biocca) non è firmata “Silvestri”, anzi non è firmata affatto[9]. In questa lettera, Silone chiedeva notizie sul fratello («Mi faccia mandare da qualche parente fascista dette notizie su mio fratello all’indirizzo di Berlino») e ragguagliava sul seguito dei comunisti in Italia. Dava inoltre informazioni sui pericoli in cui incorrevano alcuni informatori della Polizia appartenenti al Partito.

È invece il primo di essi, cioè il doc. 12 (lista Biocca) del 7 ottobre 1924, quello che mi pare centrale per fare un passo avanti nella ricerca, se letto assieme al doc. 10 della stessa lista, inviato il 6 ottobre. La prima informativa[10] venne spedita dalla Francia, dove Silone era giunto nel gennaio 1924 e da dove sarebbe ripartito per l’Italia nel settembre dell’anno successivo, e comincia così:

Caro amico,

sarà già al corrente di una buona notizia: Silvestri è stato nominato capo di tutto il movimento comunista italiano per la Francia, il Belgio e il Lussemburgo e perciò con i primi di ottobre dovrà trasferirsi a Parigi.

Questo è l’unico documento precedente il 1928 in cui venga fatto il nome di Silvestri. Si tratta di Silone? La descrizione del personaggio sembra corrispondere con la figura dello scrittore; prosegue la lettera:

L’interessato ancora non ha accettato per molte ragioni ma finora [sic] col trasferirsi a Parigi e sobbarcarsi al nuovo lavoro egli attraversa[11] un periodo molto critico: ragioni di salute, di famiglia e altre più intime, lo spingono a ritirarsi dalla vita politica, o a mantenersi almeno in secondo ordine. Finora la decisione è stata sempre rinviata e può darsi che non sarà mai presa, ma le scrivo questo perché comprenda i motivi della pigrizia che periodicamente prende il Silvestri. Inoltre un cumulo di obbligazioni personali: la nonna, il fratello minore, il suocero, le cognate, tutta gente inabile a guadagnarsi la vita e che gli danno seccature discrete: anche per questo egli cerca un’occupazione fuori della politica, che sia più pacifica e redditizia.

Diversi elementi riconducono a Silone: gli obblighi familiari derivanti dalla cura del fratello minore (Romolo), del suocero (il padre di Gabriella Seidenfeld, la sua compagna di allora, che ricordò così la figura del padre: «Imparò tutte le preghiere, mio padre, ma non un mestiere, così tutto il peso della famiglia cadeva sulle spalle della povera mamma»[12]), delle due sorelle di Gabriella, cioè Barbara e Serena («le cognate»), i problemi di salute e persino, particolare importante perché muterebbe la nostra immagine dello scrittore, il suo desiderio di interrompere l’attività politica –  desiderio che risalirebbe quindi non al 1930 (il momento della rottura con Bellone), ma già al 1924 – che viene espresso nelle due lettere con parole del tutto simili (i corsivi sono miei):

ragioni di salute, di famiglia e altre più intime, lo spingono a ritirarsi dalla vita politica […] egli cerca un’occupazione fuori della politica, che sia più pacifica e redditizia» (1924);

La mia salute è pessima ma la causa è morale […] Mi ritrovo nel punto risolutivo della mia crisi di esistenza, la quale non ammette che una sola via d’uscita: l’abbandono della politica militante (mi cercherò un’occupazione intellettuale qualsiasi) (1930).

Chi ha scritto l’informativa del 7 ottobre ’24 in cui si parla di “Silvestri”? Biocca sostiene che si tratta dello stesso Silone, che parla dunque di se stesso in terza persona, e così dovremmo intendere ogni volta che in un documento si alluda allo scrittore, appunto, in terza persona. Ora, è vero che in uno dei documenti del ’29 firmato “Silvestri”, Silone adopera questo espediente: «Egregia signorina, | Tr.[anquilli] è arrivato qui, dove si trova…» (lettera del 5 luglio 1929; c. m.)[13], ma negli altri casi (1928-30) egli usa la prima persona. Forse ci può aiutare la lettura congiunta del documento del 7 ottobre 1924 e di quello precedente inviato il 7 settembre dallo stesso luogo, la Francia. Questi, assieme a un terzo, sono dei documenti (docc. 10-11-12 della lista Biocca) frutto di riassunti; il doc. 10, ci dicono Granata-Isinelli, è l’accorpamento di almeno tre scritti. Ora le due informative che analizziamo (10 e 12) vengono trascritte da Biocca[14] con la stessa intestazione «Caro Amico», provengono dallo stesso paese in un periodo ravvicinato (settembre e ottobre ’24) e fanno riferimento alla nomina di qualcuno (chiamato “Silvestri” nella seconda lettera) quale capo del movimento comunista italiano in Francia. Si sarebbe indotti ad attribuire i due documenti alla stessa mano (un controllo diretto delle carte, se manoscritte, potrebbe chiarirlo); bisogna però notare che l’intestazione della prima informativa non è correttamente trascritta da Biocca, perché – come hanno rilevato già Granata-Isinelli[15] nel 2001 – essa recita «Egregio amico» e non «Caro amico». Leggiamo l’inizio delle due lettere, datate 6 settembre e 7 ottobre:

«Egregio amico, | Ha abbandonato l’idea di incontrarci da qualche parte? Per qualche tempo io sono ancora libero, ma probabilmente per la fine del mese tornerò a Parigi per la direzione del nostro movimento in tutta la Francia»;

«Caro amico, | sarà già al corrente di una buona notizia: Silvestri è stato nominato capo di tutto il movimento comunista italiano per la Francia, il Belgio e il Lussemburgo e perciò con i primi di ottobre dovrà trasferirsi a Parigi».

Innanzitutto ci pare ovvio che se il Silvestri della seconda lettera è Silone (come pare dagli elementi che abbiamo notato sopra[16]), allora l’autore della prima informativa del 6 settembre è proprio lui, che scrive in prima persona. Parrebbe anche che i due mittenti fossero diversi, dato che nella lettera dell’ottobre lo scrivente riferisce la notizia della nomina a capo del movimento comunista in Francia (ma aggiungendo anche «il Belgio e il Lussemburgo») come se il destinatario l’avesse appresa nel frattempo da altra fonte e non da lui stesso appena un mese prima: «sarà già al corrente di…». Attribuire a Silvestri-Silone anche la seconda lettera non è questione di poco conto, perché in essa si danno notizie dettagliate sul movimento comunista in Francia; tuttavia, è bene sottolinearlo, in questi documenti non è presente alcuna delazione.[17]

Inoltre, bisogna ribadire che ogni ipotesi dovrà fare i conti con il dato di fatto, rilevato all’inizio, che nel ’35, nel ’37 e nel ’39 alla domanda del Governo se ci fosse nella biografia di Silone qualche episodio che potesse screditare la sua figura, il Ministero degli Interni – che secondo l’ipotesi del Silone-delatore formulata da Biocca-Canali avrebbe dovuto avere nei suoi archivi decine di informative utili addirittura, questa è l’ultima tesi, a condannare Gramsci – che cosa rileva? Che Silone inviò «disinteressatamente, delle informazioni generiche circa l’attività di fuorusciti» (c.m.) e che l’unico episodio rilevante della sua giovinezza consiste in un calamaio che lanciò in classe contro il suo insegnante… (1939). Biocca ribatte che con Bellone c’era un rapporto riservato (e questo è vero), tale per cui egli coprì Silone dopo la rottura dei rapporti impedendo di diffondere la notizia della sua collaborazione. Tuttavia non solo, come Biocca stesso è costretto ad ammettere, quella collaborazione era nota almeno ad altre otto persone, ma lo stesso Mussolini, sin dal 1928 era a conoscenza dei contatti fra Silone e il comm. Bellone. Biocca pubblica, infatti, una lettera del capo della polizia Bocchini a Mussolini all’indomani dell’arresto di Romolo, il fratello dello scrittore. Scrive a un certo punto Bocchini:

In via assolutamente riservata informo poi la E. V. che l’ispettore generale di P.S. Comm. Guido Bellone ha ricevuto da Basilea da Tranquilli Secondino – uno dei capi comunisti – un telegramma che gli preannuncia la sua venuta in Italia. Il colloquio che seguirà potrebbe essere interessante. | Terrò informata la E. V.[18]

L’incontro poi non si tenne, ma è facile pensare che Mussolini fosse stato informato dei contatti intrattenuti fra i due dal 1928 al 1930.

Come si vede la materia è tra le più delicate e richiede ancora molto lavoro di scavo negli archivi e una diversa interpretazione della carte; forse se Biocca e Canali avessero presentato questi due soli documenti (per gli anni precedenti il ’28) invece della congerie di informative (di molte delle quali è stata dimostrata la non attribuibilità a Silone), la loro ipotesi, ne avrebbe guadagnato. Gli indubbi riscontri documentari (carte 1928-30) e almeno le due lettere del settembre-ottobre 1924 non possono servire però per imbastire affascinanti spy stories, che preferiamo trovare nelle pagine di Le Carré, ma semmai a ricostruire – se documentato – un doloroso capitolo della biografia di uno scrittore tormentato nel grande e terribile secolo che ci siamo lasciati alle spalle.

[1] Biocca, nella sua risposta al mio articolo, scrive che l’elenco dei difetti riscontrati nella sua ricostruzione sono stati rinvenuti «da altri», dando forse l’impressione al lettore che me ne sarei appropriato trascurando di citare la fonte (ma riconoscendo implicitamente la fondatezza di quei rilievi, se intendo bene). È vero che non ho citato volta per volta gli autori delle singole obiezioni, in una ricostruzione che si voleva necessariamente rapida e non dettagliata, vista la sede in cui doveva essere pubblicata, ma alla fine del testo, com’è doveroso, ho comunque elencato in una bibliografia ragionata i saggi da cui le avevo ricavate. In ogni caso anch’io mi sono permesso di segnalare, verso la fine dell’articolo, quattro inesattezze riscontrate nel volume di Biocca, Silone. La doppia vita di un italiano, Milano, 2005, pp. 76-7): sono quelle riguardanti la permanenza di Silone in un carcere di Barcellona, permanenza che l’autore mette in dubbio con una serie di ipotesi che ritengo di aver confutate. Biocca nel suo scritto non cita questi miei rilievi.

[2] Le due informative sono state pubblicate da G. Tamburrano, Il «caso» Silone, Torino, UTET, 2006, pp. 107-08 e 110-12. I brani si trovano rispettivamente alle pp. 107 e 111.

[3] Leggi il testo integrale della missiva in D. Biocca, Silone, cit., pp. 153-54.

[4] Ivi, pp. 146-48.

[5] I due studiosi hanno firmato insieme il volume L’informatore: Silone, i comunisti e la polizia, Milano, Luni, 2000. Di Canali si veda anche Le spie del regime, Bologna, Il Mulino, 2004 (riguardano Silone soprattutto le pagine 409-14).

[6] Si veda G. Tamburrano – G.Granata – A. Isinelli, Processo a Silone, cit., soprattutto alle pagg. 85-128.

[7] Si veda ad esempio D. Biocca, Silone, cit., pp. 58 e ss.

[8] Vd. D. Biocca, Silone, cit., p. 62.

[9] Se ne veda la trascrizione che lo studioso ne fa nel suo Silone. La doppia vita di un italiano, cit., pp. 140-41. Biocca scrive che tale documento riporta la dicitura “Silvestro” (nella nota 2 di p. 335)  e che Silone, «forse già di nuovo a Parigi» (p. 140; c. m.), lo avrebbe inviato al funzionario di polizia, che lo ricevette il 28 aprile 1928.

[10] Se ne legga il testo integrale in D. Biocca, Silone, cit., p. 94.

[11] Propongo di correggere il testo così: «egli finirà col trasferirsi a Parigi e sobbarcarsi al nuovo lavoro. Egli attraversa…».

[12] G. Seidenfeld, Le tre sorelle, dattiloscritto inedito; cito da D. Biocca, Silone, cit., p. 56.

[13] La si legga in D. Biocca, Silone, cit., p. 146.

[14] D. Biocca, Silone, cit., p. 92 e p. 94. Nella seconda la parola «amico» è minuscola.

[15] G. Tamburrano-G.Granata-A. Isinelli, Processo a Silone, cit., p. 122. Biocca ripete l’errore nel suo Silone, cit., p. 92.

[16] E come pare riconoscere lo stesso Tamburrano: la lettera «si riferisce a “Silvestri” con particolari che possono far pensare a Silone»: ivi, p. 74. Anche se dopo aggiunge che altri particolari porterebbero a escludere tale identificazione: «l’approssimazione con cui vengono indicate le sue cariche politiche, la tendenza di questo “Silvestri” a “ritirarsi dalla vita politica”» (ibidem).

[17] Del resto lo stesso Biocca scrive: «Silone non fornì alla polizia notizie utili alla immediata cattura di militanti e dirigenti comunisti» (D. Biocca, Silone, cit., p. 116).

[18] D. Biocca, Silone, cit., p. 140.